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Apertura fabbriche: “No a scelte avventate”

Apertura fabbriche: “No a scelte avventate che mettono a rischio la salute dei lavoratori e potrebbero rendere inutili i sacrifici fatti fin qui”

Dichiarazione di Christian Ferrari, segretario generale Cgil Veneto

“In queste ore due notizie preoccupanti. La prima ci arriva da molti lavoratori di diverse province venete, richiamati al lavoro lunedì dagli imprenditori che hanno avanzato la richiesta di deroga alle Prefetture per continuare a produrre. La seconda giunge direttamente da Luca Zaia, che ha dichiarato di “tifare” per la riapertura delle attività già il 14 aprile. Due notizie evidentemente intrecciate, determinate dall’atteggiamento delle imprese venete che si ostinano a non voler fare i conti con l’emergenza sanitaria in corso, a pensare che si possa far finta di nulla e continuare come se la pandemia non ci fosse”. 

“Sorprendono particolarmente le parole del Presidente della Regione.
Innanzitutto perché qualunque decisione in tal senso sarebbe prematura rispetto alla scadenza dell’ultimo provvedimento di chiusura. Mancano ancora 10 giorni e prudenza vorrebbe che si aspettassero almeno i dati della prossima settimana.
Poi perché contraddicono clamorosamente quanto detto dallo stesso Presidente il giorno prima, quando ha sostenuto di non vedere le condizioni per allentare le restrizioni e di temere un riaccendersi dell’epidemia come avvenuto a Honk Kong.
Non è razionale usare atteggiamenti draconiani verso chi fa una passeggiata sotto casa e poi parlare con leggerezza di una scelta che costringerebbe a uscire ogni giorno di casa centinaia di migliaia di lavoratori veneti.
Così come non ha senso il divieto di entrare in qualunque esercizio commerciale per chiunque non indossi mascherina e guanti e non prevedere quanto meno lo stesso nei luoghi di lavoro.
Noi non tifiamo certo per la chiusura ad oltranza. Come potremmo, sapendo delle tantissime lavoratrici e di altrettanti lavoratori costretti a vivere con redditi decurtati che a mala pena consentono di soddisfare le esigenze primarie.
Ciò che temiamo è che decisioni avventate mettano da una parte a rischio la salute delle persone, che viene prima di ogni altro interesse; dall’altra che un riaccendersi dell’epidemia costringa a scelte ancor più drastiche e prolungate. Questo sì renderebbe impossibile uscire a breve dalla crisi economica.
Aspettiamo dunque che siano gli esperti a pronunciarsi e, soprattutto, evitiamo che il Veneto – la terza regione per contagi e per decessi – faccia da apripista a scelte avventurose.
È vero che non siamo nelle condizioni della Lombardia, ma dobbiamo evitare di precipitare in quello stesso dramma, determinato anche dalla decisione di anteporre le ragioni dell’economia a quelle della salute.
Tutto ciò di cui opportunamente si discute – a partire dall’indagine sierologica che sta sperimentando l’Università di Padova – necessita di molti giorni ancora. Altrettanti ne servono per poter dotare tutti i lavoratori dei dispositivi di protezione, che ad oggi non hanno neppure quanti sono rimasti in attività nelle filiere essenziali.
Serve la massima precauzione. E dobbiamo aver pazienza. Quello del 13 aprile è un tornante molto delicato, simile a quello vissuto pochi giorni dopo le prime chiusure. Anche allora gli imprenditori chiesero di riaprire tutto. Pensiamo cosa sarebbe successo se l’avessimo fatto.
Ecco, non commettiamo la prossima settimana l’errore che evitammo allora. Centinaia di persone continuano a morire quotidianamente in Italia, decine in Veneto. Il nostro primo dovere è salvare quante più vite possibili.
La curva dei contagi ha cominciato a scendere. Riaprire tutto ancor prima che tocchi terra potrebbe avere conseguenze esiziali”.

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