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Anno 2022-2023, la scuola dimenticata

Indicazioni generiche sulle misure di sicurezza, poco utili a tutelare il personale e gli studenti

20.000 cattedre da coprire in Veneto, mancata riconferma del personale Covid

Il 5 agosto 2022 sono state pubblicate le indicazioni relative alle misure di sicurezza e prevenzione per il contagio da Covid-19 nelle scuole del I e II ciclo, nelle scuole paritarie e non paritarie, nei sistemi regionali di istruzione e formazione professionale (Ie FP), nonché nei centri provinciali per l’istruzione degli adulti. Per le scuole dell’infanzia, invece, un analogo documento è in corso di pubblicazione.

Le linee guida sono state predisposte dall’Istituto Superiore di Sanità, con i Ministeri della Salute e dell’Istruzione e la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome.

La prima misura necessaria per la ripartenza era quella di creare una situazione stabile, che andasse oltre alle 94mila assunzioni autorizzate. Purtroppo, ci sarà una copertura solo del 50%, a causa dei concorsi non banditi, dei concorsi non terminati e delle graduatorie ancora non definitive. Tutto questo alimenterà il precariato di circa 150mila docenti, che si troveranno in cattedra all’inizio dell’anno scolastico. Nella nostra regione, probabilmente, i docenti precari saranno circa 20.000!

Inoltre, tali misure, non hanno tenuto conto del servizio indispensabile che esercita il personale Ata. Personale che, per garantire le ordinarie funzioni delle scuole, doveva essere confermato tenendo in considerazione la peculiarità del contrasto al Covid e dell’impatto che questo ha sull’organico in questione.

È un grave errore. Anche perché era evidente sin da subito, a partire dai dirigenti scolatici e da chi ogni giorno sta a scuola, che quell’organico serviva anche a prescindere dalla pandemia.

Le misure di sicurezza e di prevenzione, oltretutto, non sempre si possono adottare, poiché le condizioni logistiche e strutturali non lo permettono.

È facile individuare le misure di prevenzione di base quali:

  • Divieto di permanenza a scuola in presenza di sintomi/febbre o con test diagnostico positivo
  • Raccomandata l’igiene delle mani ed “etichetta respiratoria”
  • Obbligo di utilizzo di mascherine FFP2 per il personale scolastico e gli alunni “a rischio di sviluppare forme severe di COVID-19”
  • Obbligo di sanificazione ordinaria (periodica) e straordinaria in presenza di uno o più casi confermati
  • Strumenti per gestione casi sospetti/confermati e contatti
  • Ricambi d’aria frequenti mediante la sola apertura delle finestre

Più difficile prendere atto delle caratteristiche della scuola, un luogo in cui venticinque/trenta persone, tra alunni e docenti, rimangono a stretto contatto per numerose ore consecutive in aule spesso piccole e inadeguate.

Pertanto, in considerazione della ormai endemica diffusione del virus e delle sue mutazioni, questi ambienti necessitano di interventi strutturali e risolutivi in termini di risorse, organici e strumentazioni per il superamento del sovraffollamento, attraverso la formazione di classi meno numerose, maggior dotazione del personale ATA, indispensabile per la sanificazione e per l’adempimento di tutte le procedure amministrative legate alla gestione dei contagiati/fragili e, infine, un piano nazionale di dotazione di purificatori d’aria in tutte le classi del Paese, escludendo indicazioni poco salutari come l’apertura delle finestre in pieno inverno.

Senza intervenire in tal senso, sarà difficile garantire la distanza di almeno 1 metro; difficile tenere le precauzioni nei momenti di aggregazione indispensabili per la crescita delle alunne e degli alunni; difficile garantire con frequenza la sanificazione, anche nei locali concessi come palestre o altri, soprattutto considerando il limite numerico dei collaboratori scolastici; difficile gestire e modulare le tante attività laboratoriali; difficile prevedere la turnazione nelle mense; difficile, infine, lavorare con l’obbligo del personale docente ad utilizzare la FFP2, obbligo che vale anche per gli alunni a rischio COVID.

È chiaro che il Governo non ha voluto investire sulla spesa corrente nella scuola, preferendo allocare altrove le risorse del PNRR che potevano essere utili per il personale scolastico, a partire dagli organici. Si è preferito destinare risorse che aggraveranno un clima già divisivo, definendola una scelta di “valorizzazione”. Il tema delle risorse è di primaria importanza, che non può essere derubricato ipotizzando che, tra dieci anni, il problema sarà inferiore perché avremo meno studenti. Questa è una scommessa sul fallimento del nostro Paese.

Va ricordato che, in questa legislatura, abbiamo cambiato quattro ministri dell’Istruzione e che nessuno di questi si è assunto la responsabilità di decidere sulla scuola.

A decidere sulla scuola sono stati invece il Ministero del Tesoro e Palazzo Chigi, con la precisa idea di risparmiare sulla spesa corrente, facendo prevalere le ragioni economiche su quelle della garanzia di una scuola all’altezza delle sfide del momento e del futuro.

Sono state trovate risorse per un’operazione chiaramente discutibile e avversata da tutta la scuola (“Il docente esperto”), senza il riconoscimento del ruolo del lavoro collegiale come strumento di crescita insostituibile del fare scuola. Bisogna invece trovare risorse per alzare il livello medio delle retribuzioni e dare un segnale di attenzione che fino ad oggi è mancato.

Dopo la pandemia, ci aspettavamo un segnale forte e chiaro. Questo segnale non è ancora arrivato. Noi ci aspettiamo che – a partire dal Governo in carica, che può ancora fare interventi, come è successo appunto con la provocazione del ‘docente esperto’ – ci sia un investimento aggiuntivo per consentire il rinnovo del contratto.

Sarebbe poi utile aprire un confronto urgente, che sia finalizzato a costruire regole chiare e condivise per la definizione di misure di sicurezza efficaci e credibili per studenti e lavoratori della scuola.

Marta Viotto (segretaria generale Flc Cgil Veneto)

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