Sarà sciopero il 18 novembre per l’intero settore del tessile abbigliamento dopo la rottura delle trattative per il contratto.
L’astensione dal lavoro, che nel Veneto interessa circa 50.000 lavoratori, in gran parte donne, durerà l’intera giornata e sarà costellata da presidi, a partire da quelli davanti allo stabilimento Marzotto di Valdagno o al sito produttivo e quartier generale di Benetton a Treviso.
È solo l’inizio di una mobilitazione che i lavoratori sono determinati a sostenere e che già vede una successiva tappa in una manifestazione nazionale da tenersi entro il 20 dicembre. Il braccio di ferro tra Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil e Sistema Moda Italia (l’associazione datoriale di settore aderente a Confindustria) riguarda l’essenza stessa del contratto.
“Sistema Moda – dice il Segretario Generale della Filctem Cgil del Veneto, Stefano Facin – vuole ridurre diritti e retribuzioni proponendo un contratto che definisca i minimi contrattuali ex post, in base ad una verifica dell’inflazione alla fine di ogni anno, anziché semplicemente prevedere gli aumenti in busta paga come è sempre avvenuto”.
Una richiesta inaccettabile per Filctem, Femca, Uiltec, poiché rischia di scardinare il rinnovo contrattuale triennale per introdurre un nuovo modello in base al quale gli eventuali aumenti verrebbero definiti alla fine di ogni anno sulla base dell’inflazione.
Non solo; “la controparte – aggiunge Facin – chiede anche la restituzione di 72 euro del precedente rinnovo, che risultano dallo scostamento tra inflazione programmata (indice Ipca) e quella effettiva. Di fatto, la somma non viene restituita in busta paga ma le imprese vogliono fare “pari e patta” con l’indice dei prezzi al consumo stimato nei prossimi tre anni. Sono pretese davvero ingenerose – dice il Segretario della Filctem – nei confronti di lavoratori che, malgrado i bassi salari (la media è di 1.000 euro al mese), hanno fatto grande la moda italiana nel mondo.
Dopo sacrifici, anche duri, per reggere i colpi della crisi, oggi si trovano a fare i conti con quello che vivono come un vero e proprio voltafaccia da parte delle imprese – magari del lusso – che decidono di non concedere aumenti e colpire i diritti, a partire da peggioramenti sul piano normativo.
Le aziende vogliono infatti intervenire sugli istituti della malattia e delle ferie e comprimere il ruolo dei sindacati e delle Rsu. Nel contratto nazionale – spiega Facin – si vuole accentrare ogni norma in materia di organizzazione del lavoro, negando così la contrattazione aziendale e il decentramento della negoziazione sugli orari e la classificazione, con l’obiettivo, per altro, di disimpegnarsi sul sistema classificatorio dopo anni di lavoro condiviso”.
Con lo sciopero e le successive iniziative di lotta Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil intendono indurre Sistema Moda a rivedere le proprie posizioni e riprendere la trattativa. Se non sarà così, già si sta pensando a nuove mobilitazioni nelle principali città italiane della moda nel mese di gennaio. Il riferimento è a possibili iniziative durante Pitti Uomo a Firenze e la settimana della moda a Milano.