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Mercoledì 30 giugno: sciopero per i settori dell’Energia elettrica, del Gas e dell’Igiene ambientale

Con l’obbligo di esternalizzare almeno l’80% delle attività in concessione con importo superiore ai 150.000 euro sono a rischio la qualità di servizi pubblici fondamentali e tra i 10.000 e i 20.000 posti di lavoro solo in Veneto.

Ci saranno presidi, dalle 9.30 alle 12, in tutti i capoluoghi della nostra Regione: Belluno (davanti alla Prefettura); Padova (davanti a Palazzo Moroni), Rovigo (davanti alla Prefettura); Venezia (Campo San Maurizio); Verona (Piazza dei Signori); Vicenza (davanti alla Prefettura); Treviso (Piazza Aldo Moro).
La conferenza stampa regionale si terrà alle ore 11.30 a Venezia, in Campo San Maurizio.

L’art. 177 del Codice degli Appalti richiede l’esternalizzazione di almeno l’80% delle attività in concessione con importo superiore ai 150 mila euro, anche qualora l’attività dovesse essere svolta da personale proprio di impresa. Tale provvedimento provocherà, indubbiamente, nel breve e medio termine, la demolizione del sistema dei servizi pubblici essenziali, oltre alla perdita di oltre 150.000 posti di lavoro.

I sindacati esprimono perplessità per un primo fondamentale elemento di poca chiarezza, che collide con le stesse regole di sistema del Paese, e che riguarda l’applicazione di questo articolo ai concessionari di forniture e/o di servizi pubblici.

Il legislatore ha già assoggettato queste imprese a un sistema regolatorio garantito dalle Autorità indipendenti, che hanno l’esplicito mandato di tutelare gli utenti da potenziali pratiche monopolistiche, imponendo – contestualmente – la qualità minima dei servizi erogati, e perseguendo meccanismi di equilibrio economico-finanziario dei competitors.

Appaiono molto chiari i rischi concreti di questa scelta, in primis gli inevitabili effetti implosivi sui sistemi dei servizi essenziali.
L’esternalizzazione forzata delle attività renderà vulnerabili i sistemi dei servizi, rischiando di consegnarli nelle mani di mercati esterni e di scontati appetiti, ribaltando il senso originale dell’affidamento in concessione e tramutando di fatto gli attuali affidatari in mere stazioni appaltanti.
È una norma pericolosa che arrecherà danno alle lavoratrici, ai lavoratori, alle aziende, alle cittadine, ai cittadini e al programma di sviluppo infrastrutturale del nostro Paese.
Avrà come conseguenza diretta il blocco degli investimenti societari, con ricadute pesanti sulla qualità dei servizi, sullo sviluppo infrastrutturale delle reti elettriche e del gas, con impatti gravi per la sicurezza sul lavoro e le manutenzioni delle infrastrutture stesse.
Inoltre comprometterà la realizzazione del piano di investimenti previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, specie per quella parte riguardante lo sviluppo degli impianti di generazione rinnovabile, che necessitano di forti interventi di ammodernamento delle reti di distribuzione e soprattutto di una loro gestione sinergica, in grado di bilanciare in tempo reale la domanda e l’offerta di energia.

Governo e Parlamento si stanno assumendo una enorme responsabilità a dispetto della necessità impellente di ripartenza dell’Italia.
Infatti, oltre che incomprensibile, riteniamo anche inaccettabile l’immobilismo a cui assistiamo, a fronte del giudizio di illegittimità costituzionale già sollevato dal Consiglio di Stato sulla questione.

Non si comprende inoltre l’attuale silenzio del Governo e delle Istituzioni di fronte alla previsione concreta della perdita di decine di migliaia di posti di lavoro, del ricorso estremo alle esternalizzazioni e alle cessioni di rami d’impresa, del dumping contrattuale e sociale, della contrattazione compressa a livelli infimi, della perdita irrecuperabile di elevate e specifiche competenze di settore, della rincorsa ad appalti al massimo ribasso, del ricorso agli ammortizzatori sociali in un paese già largamente provato dalla carestia di posti di lavoro e dal dissesto indotto dalla pandemia nel corso dell’ultimo anno.
Senza dimenticare le ineluttabili conseguenze per la salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori, ricordando che l’80% degli infortuni nel settore è legato alle imprese già oggi in appalto.
Ricordando che si tratta di settori che, solo per citare l’ultima fase storica, sono stati fondamentali per superare l’emergenza pandemica, garantendo la fornitura energetica ai servizi assistenziali e produttivi di tutto il Paese.

Si tratta di una norma che risponde più a interessi di parti manifeste, prediligendo disfunzionali logiche concorrenziali, a dispetto dell’interesse pubblico generale, dei concreti bisogni del Paese, della qualità e della salvaguardia dei servizi pubblici essenziali.
Un’altra occasione persa per far le cose bene, ancora una scelta che ci ricollocherà a “fanalino di coda” dell’Europa.

Nell’esprimere la preoccupazione e la rabbia delle lavoratrici e dei lavoratori, i sindacati di categoria e le confederazioni (che sostengono fino in fondo lo sciopero, essendo in gioco servizi fondamentali per la qualità della vita dei cittadini e per la prospettiva industriale dell’Italia, oltre a tantissimi posti di lavoro), chiedono:

CHE E IL GOVERNO INTERVENGA ATTIVANDOSI FATTIVAMENTE E URGENTEMENTE, PER CORREGGERE QUESTA NORMA DELIBERATAMENTE INIQUA E NON CONDIVISIBILE, PER RISTABILIRE GLI EQUILIBRI NECESSARI AL CONSEGUIMENTO DEGLI INVESTIMENTI CHE DETERMINERANNO IL FUTURO DEL NOSTRO PAESE.

I SERVIZI ESSENZIALI NON POSSONO E NON DEVONO ESSERE INTERESSATI DA QUESTO INGIUSTO PROVVEDIMENTO E VA TUTELATO IL LAVORO SVOLTO CON COMPETENZA E PROFESSIONALITÀ DALLE LAVORATRICI E DAI LAVORATORI DELLE IMPRESE DEI SETTORI DELL’ELETTRICITÀ, DEL GAS E DELL’IGIENE AMBIENTALE.

LE SEGRETERIE REGIONALI
FILCTEM CGIL – FEMCA CISL – FLAEI CISL – UILTEC UIL – FP CGIL – FIT CISL – UILTRASPORTI

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