CGIL VENETO
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L’intesa siglata da CGIL, CISL e UIL sulle relazioni industriali con Amazon deve trasformarsi in diritti e dignità per i 2300 lavoratori veneti, destinati a crescere nel prossimo futuro

“L’intesa sulle relazioni industriali siglata da Cgil, Cisl e Uil con Amazon è un’ottima notizia – dichiara Romeo Barutta, della segreteria Filt Cgil Veneto – ma è solo il primo passo. Ora deve essere recepito in tutti i siti che l’azienda ha aperto in Italia, e sui molti che sta costruendo”.

“Se stiamo al solo Veneto, parliamo (tra strutture già operative e quelle di imminente e prossima realizzazione) di 7 siti che coprono e copriranno le province di Rovigo, Padova, Vicenza, Verona, Treviso e Venezia. I lavoratori già attivi sono circa 2300, altre centinaia, forse migliaia, saranno impiegati a breve a Treviso, Verona e Venezia.

Una realtà quindi di prima grandezza anche in Veneto, che necessita di un confronto strutturato con le organizzazioni sindacali. I nuovi insediamenti rappresentano senza dubbio un’opportunità, ma a patto che siano gestiti in maniera concertata. Cosa che non sta avvenendo. Di questi giorni è la notizia del minacciato trasferimento di 160 dei 400 drivers già operanti su Vigonza (PD) con destinazione Vicenza. Se ciò non avvenisse in maniera volontaria, saremmo di fronte a dei veri e propri licenziamenti mascherati, con il risultato peraltro di sostituire dei contratti a tempo indeterminato con dei contratti precari (lavoratori somministrati al posto di lavoratori stabili). A tal riguardo, in distonia con quanto pattuito dalla stessa Amazon nei protocolli nazionali, la richiesta che la Filt territoriale ha avanzato ad Amazon ha ricevuto un secco diniego. 

Sul versante Assoespressi (associazione che rappresenta le ditte in appalto), venerdì scorso si è chiesto di congelare il trasferimento ed aprire una discussione regionale complessiva sull’intera politica veneta. Aspettiamo una risposta. Nel caso fosse negativa rispetto alle nostre richieste, siamo pronti ad aprire un’aspra vertenza e a mobilitarci.

La Filt Cgil è stata in prima linea negli ultimi anni nel “bonificare” il mondo del cosiddetto “ultimo miglio”, fatto di appalti al massimo ribasso, cooperative spurie, precarietà, ciclici cambi d’appalto e adozione di falsi regolamenti cooperativistici volti solo a ottenere flessibilità e ad abbattere il costo del lavoro aggirando le regole contrattuali. Ci siamo dapprima adoperati per stabilizzazioni con società di capitali, poi in internalizzazioni in capo a gruppi multinazionali, dando regole e dignità a migliaia di persone.  

Siamo consapevoli che Amazon è il brand più potente del mondo, ma ciò non la autorizza a far rientrare dalla finestra quanto abbiamo buttato dalla porta. Sono in ballo valori fondanti del nostro vivere sociale. Seppur consapevoli di cosa significhi il “just in time”, riteniamo non si possa subire un modello industriale tarato su percentuali bulgare di somministrazione, di precariato o comunque nella disponibilità, giorno per giorno, ora per ora, del mercato.

Molte sono le materie da trattare. In primis stabilità e orario di lavoro: alla luce dei recenti orientamenti giurisprudenziali (https://www.bergamonews.it/2021/09/16/sentenza-pro-corrieri-espresso-dhl-deve-pagare-gli-straordinari-oltre-le-39-ore-settimanali/463908/), pensiamo non vi possano essere dubbi sulla continuità (definizione contrattuale) del personale Amazon impegnato nelle consegne; ne esistono invece sulla etero direzione dei fornitori palesemente privi di autonomia organizzativa. Per quanto riguardo il contratto integrativo, l’associazione che rappresenta le aziende si rifiuta di sottoscriverlo. 

E’ il momento di sbloccare la trattativa, e questo dipende anche dal committente, che non può far finta di nulla, ignorando le condizioni di lavoro di chi è decisivo per tutta la filiera del colosso americano.

Infine, c’è il problema del rapporto con le Amministrazioni locali, che subiscono insediamenti di grade impatto dal punto di vista urbanistico, senza poter, o voler, avere alcuna voce in capitolo. Emerge quindi il tema della Responsabilità sociale di impresa ovvero di compensare con azioni concrete le ricadute sull’ambiente prodotto dagli insediamenti e le loro attività. Esiste un problema di alloggi per i lavoratori. Una questione di welfare da garantire alle loro famiglie. Ci sono in definitiva ricadute sociali che non possono essere solo un problema del sindacato, ma delle Istituzioni territoriali che non possono accontentarsi solo di ottenere gli oneri di urbanizzazione.

Di questo e di altro dovrebbe occuparsi il tavolo regionale che, per indisponibilità dell’azienda, non riesce a riunirsi da almeno un anno. Dopo la sottoscrizione dell’accordo a livello nazionale, non si può più consentire ad Amazon di sottrarsi a un confronto qui in Veneto con la Giunta regionale e con i sindacati.

Le nostre proposte sono chiare: diritti, dignità, stabilità, tempi di lavoro umani per i dipendenti diretti di Amazon e per quelli in appalto, che non sono solo gli autisti, ma chi si occupa delle pulizie e di molto altro. Rapporto positivo con il territorio e con le amministrazioni pubbliche che rappresentano tutti i cittadini, che usufruiscono sì dei servizi, ma subiscono anche le conseguenze di un impatto ambientale e urbanistico per nulla trascurabile.

Bene dunque la svolta nazionale, ora è il momento di trasformarla in diritti esigibili per i lavoratori e per i cittadini”.

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