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La Cgil del Veneto su emergenza sanitaria e piano vaccinale

IL FORTE INTRECCIO TRA LE PRIORITÀ NELLA GESTIONE DELLA PANDEMIA E DEL PIANO VACCINALE E I VALORI DI UNA SOCIETÀ

Gentile Direttore,
siamo tutti d’accordo che sia auspicabile una ripresa rapida, seppur graduale, di tutte le attività produttive e sociali; e che l’erogazione più veloce possibile dei vaccini sia lo strumento per crearne le condizioni.
Ma stiamo ancora attraversando una fase di forte emergenza sanitaria, e le modalità di gestione di questa straordinaria crisi dipendono da quali valori vogliamo salvaguardare, dall’idea di società che abbiamo in mente.

Come Cgil, fin dall’inizio, abbiamo sostenuto che le misure di prevenzione sono indispensabili non solo per tutelare la salute, per noi la priorità irrinunciabile, ma anche per creare le condizioni della ripresa economica; e che va garantito il massimo sostegno economico possibile a tutte le attività produttive, le lavoratrici e i lavoratori più colpiti dalle restrizioni.
Così per la campagna vaccinale pensiamo che si dovrebbe dare assoluta priorità alla tutela dei soggetti più fragili, come peraltro prevedono il Piano nazionale e quello regionale.
La realtà purtroppo è molto diversa.

Al 31 Marzo in Italia la percentuale di persone vaccinate con più di 90 anni è del 60,2% (34,8% con la seconda dose), tra 80 e 89 anni del 54,7% (26,8%), tra i 70 e i 79 del 9,6% (1,8%).
Non ci sono dati precisi sulla platea relativa alle persone estremamente vulnerabili per specifiche patologie, ma stiamo raccogliendo molte segnalazioni di assenza di qualsiasi comunicazione sulla data del loro vaccino.
Non è ancora stata completata la vaccinazione di tutti gli operatori sanitari e sociosanitari, in particolare dei servizi ausiliari e delle strutture private.

Certo siamo in una fase di emergenza straordinaria, si è dovuto far fronte a gravi ritardi nella fornitura delle dosi, la cui causa sta nella intollerabile gestione privatistica dei brevetti, e a indicazioni contrastanti sull’utilizzo dei diversi vaccini.
Ma sono evidenti anche precise responsabilità nelle scelte politiche-organizzative, perché contestualmente, anche in Veneto, è partita la corsa ad aumentare in qualsiasi modo il numero delle vaccinazioni per dimostrare di essere i più “virtuosi”; determinando così continui cambiamenti, disomogeneità a livello di ULSS territoriali, erogando i vaccini anche a categorie che non rientravano tra quelle prioritarie.
Non è sostenibile la giustificazione del “non perdere nemmeno una dose” quando si programmano in anticipo giornate di vaccinazione per categorie non prioritarie o addirittura per aziende con attività non essenziali; tanto più in una realtà come quella veneta in cui, ad esempio, non è ancora stata attivata l’erogazione del vaccino a domicilio per tutte le persone in Assistenza Domiciliare Integrata o comunque non autosufficienti.
Insomma, una gestione spesso non efficiente e a tratti inaccettabile, che abbiamo cercato di modificare, chiedendo il rispetto di tutte le priorità definite nella programmazione nazionale; una condizione che abbiamo posto anche prima di qualsiasi eventuale campagna vaccinale nelle aziende.

Pensiamo che nessuna esigenza politica o produttiva debba prevalere sulla tutela della vita delle persone, che sia inaccettabile quella deriva culturale che porta – consciamente o meno – a ritenere la morte o l’aggravamento della malattia dei più fragili un prezzo inevitabile da pagare.
È questo che intendiamo quando parliamo di scelte valoriali e di tutele, anche costituzionali, da garantire.
Perciò, con volontà costruttiva, continueremo a sollecitare provvedimenti tempestivi e coerenti con questi principi, chiarezza e omogeneità in tutto il territorio nazionale e regionale, superando quella infinita frammentazione tra i diversi livelli istituzionali, che risponde più a logiche di propaganda e contrapposizione politica che a diverse e legittime valutazioni di merito.

Paolo Righetti – Responsabile Welfare Cgil Veneto

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