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DDL PILLON: UNA RIFORMA CONTRO DONNE E BAMBINI

Il disegno di legge Pillon, sull’affido condiviso, non deve passare, perché “è un chiaro e pericoloso tentativo di riformare il diritto di famiglia a sfavore delle donne e dei figli e perché aumenta le disparità tra uomini e donne”. È quanto dichiara Loredana Taddei, responsabile Politiche di genere della Cgil nazionale.

Nel particolare, il ddl prevede l’addio all’assegno di mantenimento, dato nella maggioranza dei casi alle mamme, con cui il padre passa ogni mese una cifra stabilita per i figli. Nel nuovo assetto i genitori dovranno provvedere ognuno a metà delle spese. I figli avranno due case e domicili e, a meno di accordi diversi presi dai genitori, ogni bambino passerà lo stesso tempo con i genitori, non inferiore ai 12 giorni al mese. Prevista poi la figura del mediatore familiare, in aiuto dei genitori con figli nel caso di separazione.

“In un Paese come il nostro, medaglia d’oro in Europa per disuguaglianze – sottolinea la dirigente sindacale – certificate anche dal rapporto Global Gender Gap 2017 del World Economic Forum, che assegna all’Italia l’82esima posizione su 144 per gender gap, di certo non c’è bisogno di questo ddl che non farebbe altro che aumentare le distanze fra uomini e donne”. Questo, a suo avviso, “per la sempre più marcata differenza in termini di retribuzioni e occupazione. In Italia lavora una donna su due, e da una recente ricerca di Bankitalia, scopriamo che le donne hanno in media il 25% di ricchezza in meno e nelle coppie il divario è del 50%”.

Tornando al ddl, “che prende il nome dal senatore che lo ha promosso, ‘figura di spicco’ del family day”, Taddei sostiene che “ignora la realtà e finge di trovarsi in una società emancipata dove regna la parità dei sessi”. Inoltre “non tiene neanche conto del fatto che siamo anche un Paese dove, più che in altri, il lavoro domestico e la cura sono affidati prevalentemente alle donne. Una realtà – prosegue – molto lontana dal concetto di bigenitorialità, di cui è astrattamente intriso il ddl in questione, che privilegia le fasce benestanti fatte di genitori entrambi ricchi, con belle case e con uguale tempo da dedicare ai figli”.
“Anche la violenza maschile, così estesa e radicalizzata in Italia – conclude – è ignorata nel ddl, che al primo punto prevede la mediazione familiare obbligatoria, vietata però per legge nei casi di violenza. Se questa legge passasse, le donne sopravvissute alle violenze saranno costrette a percorsi di mediazione dai quali subiranno danni ulteriori. Senza contare che è proprio la violenza maschile a determinare molte richieste di separazioni e a creare forti tensioni nell’affidamento dei figli”.

Intanto da più parti si moltiplicano le richieste di ritirare la proposta di legge. “Stravolge il diritto di famiglia vigente del nostro Paese, frutto delle lotte di emancipazione delle donne” scrivono 1.000 donne di Towandadem in una lettera inviata a ministre, sottosegretarie, parlamentari di M5S e Lega. Entrando nel merito del provvedimento la lettera rileva come il ddl “mina alla base lo sviluppo armonico di bambine e bambini figli di coppie separate, costringendoli a vivere scissi in tempi paritetici tra genitori, tra due domicili e due vite”. Inoltre “aggrava i costi della separazione inserendo obbligatoriamente la figura del “mediatore familiare”, che è a carico di chi si separa”. Ma non è tutto, l’art. 11 del progetto di legge, spiegano, “prevede che chi non ha la possibilità di ospitare il figlio in spazi adeguati non ha il diritto di tenerlo con sé secondo tempi “paritetici”. Dunque, il genitore più povero rischia di perdere anche la possibilità di vedere il figlio. Se la casa viene, in via del tutto eccezionale, assegnata a uno dei due genitori, costui deve versare all’altro un’indennità di occupazione che, però, sarà soggetta a tassazione, essendoci un passaggio di denaro. In buona sostanza si rischia che per questioni economiche siano sempre meno quelli che potranno separarsi, mentre aumenterà il numero di figli costretti a vivere con due genitori che si odiano”.

Anche in caso di violenza domestica le donne più povere “continueranno a subire, poiché prive di qualsiasi sostegno per uscirne”. La proposta di legge riconosce la PAS, ovvero la sindrome di alienazione parentale, un “costrutto psichiatrico” introdotto da Richard Gardner che, nonostante ne sia stata decretata l’infondatezza scientifica a livello internazionale, qui tende ad essere utilizzata contro le donne. In questo caso le norme della legge Pillon fanno carne da macello dei diritti delle bambine e dei bambini e del loro diritto ad essere ascoltati. In caso di PAS infatti possono essere posti dal giudice in una casa famiglia in attesa che “il mediatore familiare” ricostruisca il loro rapporto con il padre.
Per la dignità, i diritti e le prospettive delle famiglie, delle donne separate e dei tantissimi bambini e adolescenti ‘fermateli'”.

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