Nel Veneto c’è uno scarto non da poco tra gli obiettivi dichiarati dal piano socio-sanitario e lo stato effettivo delle strutture e dei servizi. Il timore è che con il nuovo piano 2019-2023 si ripeta questa stessa incongruenza, tanto più a fronte del vincolo dell’invarianza della spesa contenuto nel provvedimento.
Lo ha detto la Cgil veneta nel corso delle audizioni da parte della quinta commissione del consiglio regionale sul nuovo piano socio sanitario 2019- 2023.
Insomma, anche se le finalità e gli obiettivi dichiarati nel piano sono condivisibili, il limite delle risorse rischia di vanificarne la realizzazione, rideterminando quello stesso scostamento che si è già verificato tra i propositi del vecchio piano e la situazione concreta in cui oggi versa il settore.
In particolare il problema maggiore ricade sulle strutture intermedie, sulla filiera dell’assistenza territoriale (ospedali di comunità, medicine di gruppo integrate, Ipab/centri servizi, impegnative di cura, Adi) e sul servizio erogato che, al di là del benchmark e delle possibili comparazioni con altre realtà, vanno valutati ascoltando le voci di allarme sulla regressione dei servizi, sulla loro qualità e prossimità con l’utenza.
Mancano – elenca la Cgil – organici e professionalità, al punto da mettere a rischio la stessa erogazione dei Lea (Livelli essenziali di assistenza). E non va sottovalutato il fatto che molti cittadini non accedono alle cure per i costi di compartecipazione e che tanti altri devono rivolgersi alle strutture private per evitare tempi di attesa troppo lunghi.
Inoltre, la salvaguardia delle specificità territoriali (bellunese, Polesine) non va solo dichiarata ma accompagnata da decisioni concrete.
Se dunque la Cgil chiede uno stop al superticket, una maggiore appropriatezza delle liste d’attesa, un piano straordinario di assunzioni e formazione del personale, raccomanda anche un maggiore coinvolgimento degli Enti territoriali e delle parti sociali, a partire dalla realizzazione dei piani di zona.
La filiera della salute e dell’assistenza – dice la Cgil – è un fattore di sviluppo e di benessere. Per questo va intesa come proficuo investimento e non come spesa da tagliare.
In questo senso la Cgil sollecita atti coerenti che, partendo dal rifinanziamento del Servizio Sanitario Nazionale, prevedano lo stanziamento di risorse aggiuntive della Regione, secondo una programmazione pluriennale. La Cgil non esclude una possibile addizionale Irpef finalizzata ed improntata a criteri di progressività e, per quanto riguarda il personale, chiede l’immediata attivazione di tutto il turn over possibile, anche con assunzioni dirette dei medici.