CGIL VENETO
Confederazione Generale Italiana del lavoro Veneto

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Altro che nuove aperture sperimentali! Ancora tanti lavoratori senza protezioni

Attivo il 50% delle attività produttive in Veneto ma molti lavoratori non stanno operando in sicurezza. Il segretario generale della CGIL del Veneto, Christian Ferrari: più che improvvisare sulle “sperimentazioni” ci si preoccupi di dotare i lavoratori dei dispositivi e, se si vuole “sperimentare”, lo si faccia sulle attività in funzione. Il sindacato è pronto a fare la sua parte, ma partendo dal pieno rispetto del dpcm che proroga le limitazioni fino al 3 maggio. Qui sotto la dichiarazione di Ferrari.

Dichiarazione di Christian Ferrari, Segretario generale Cgil Veneto

Superate le festività pasquali, ci aspettano giorni e settimane molto delicate.
La curva dei contagi ha cominciato a rallentare, ma lo sta facendo molto più lentamente di quanto ci si poteva augurare. 
I cittadini sono stanchi di restarsene chiusi in casa. Le date di calendario che hanno sempre coinciso con momenti di festività e di svago si avvicinano. La primavera è una tentazione cui è difficile resistere.
Anche per questo, parole troppo leggere come quelle pronunciate dal Presidente Zaia, tipo “il lockdown in Veneto non c’è più”, “la nostra Regione deve essere la prima a ripartire”, “sperimentiamo la riapertura delle aziende” rischiano di trasmettere un messaggio molto pericoloso, perché potrebbero essere lette come il “liberi tutti”.
Un “liberi tutti” che non possiamo permetterci. Siamo molto lontani dall’aver messo sotto controllo la diffusione del virus e non siamo affatto nelle condizioni di poterci convivere con un accettabile grado di sicurezza.
La situazione delle aziende venete è la seguente: nonostante l’eccesso di richieste di deroga che hanno inondato le Prefetture, è attivo il 50% circa del tessuto produttivo. Lo ha spiegato, numeri alla mano, il Prefetto Franceschelli per quanto riguarda la provincia di Padova, ed è presumibile che – con minime oscillazioni – la condizione degli altri territori sia simile.
Un lockdown parziale, dunque, ma ancora molto consistente, che sta contribuendo a non rendere ancor più drammatici sia l’emergenza sanitaria che il lavoro straordinario di medici, infermieri e operatori.
I lavoratori che non si sono mai potuti permettere di rimanere a casa, perché operano nei servizi e nelle filiere essenziali – e nelle imprese a quelle filiere collegate – sono ancora ben lontani dal lavorare in assoluta sicurezza. In moltissimi casi mancano perfino i Dispositivi individuali.
Invece di fantasticare di ulteriori aperture per improvvisare chissà quali “sperimentazioni”, sarebbe bene partire dalle questioni fondamentali, come garantire guanti, mascherine e distanze minime per tutti.
Se poi si hanno idee particolarmente innovative, le si testi nelle tante realtà già aperte, invece di invocare nuovi allentamenti della stretta produttiva.
Appena ieri è stato approvato un nuovo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, che proroga sostanzialmente le limitazioni alla produzione fino al 3 maggio.
Va rispettato con rigore, anche perché la decisione si basa su pareri scientifici fondati sui dati oggettivi dell’epidemia.
Come sindacati siamo disponibili ad utilizzare tutto il tempo che ci separa dalla riapertura – che non può essere stabilita né dagli industriali, né dal Presidente della Regione e nemmeno da noi – per farci trovare pronti a quell’appuntamento, operando per garantire la salute e la sicurezza di tutti i lavoratori. Non siamo invece disponibili a fughe in avanti che la quarta regione per decessi e per contagi non può assolutamente permettersi.
Diversi esperti imputano una discesa troppo rallentata dei contagi agli spostamenti legati alle attività produttive ancora attive, se infatti si guarda a ciò che succede nei fine settimana, quando i movimenti delle persone si riducono, la curva epidemiologica scende in maniera molto più sostenuta. 
Questo vuol dire che la sfida contro il virus sarà ancora impegnativa e che troppe vite sono tuttora in pericolo. Istituzioni e parti sociali non possono far finta di nulla quando è in ballo la salute di tantissime persone”.

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