CGIL VENETO
Confederazione Generale Italiana del lavoro Veneto

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IN PIAZZA CON GLI IMPRENDITORI? NO, RAPPRESENTIAMO INTERESSI DIVERSI!

Se i lavoratori vanno in piazza (come hanno fatto e come faranno), lo fanno contro la precarietà, contro gli incidenti mortali sul lavoro, contro la deriva nazionalista e xenofoba, contro le diseguaglianze, per il rilancio degli investimenti e per una politica industriale in grado di rilanciare il Paese. Non certo sulle motivazioni sollevate dagli industriali veneti che invitano il sindacato a mettere in atto iniziative comuni contro il Governo.
È questa la risposta di Christian Ferrari, Segretario Generale della Cgil del Veneto, all’appello degli imprenditori veneti.

Questo il suo intervento:

“Il Presidente degli industriali veneti ha tutto il diritto di parlare a nome degli industriali, ma i lavoratori li rappresenta il Sindacato, meglio non dimenticarlo, ed è bene che ciascuno faccia il suo mestiere.
Anche perché se entriamo nel merito delle scelte da compiere, gli interessi e gli obiettivi spesso divergono.
Anche noi abbiamo criticato le prime decisioni economiche di questo Governo, ma lo abbiamo fatto su posizioni diametralmente opposte rispetto a quelle di Confindustria: per noi il sedicente decreto dignità rappresenta un provvedimento insufficiente, poco coraggioso, che non inverte per davvero la rotta rispetto ad una precarietà dilagante che ha già bruciato due generazioni lasciate senza diritti e senza prospettive. Un provvedimento, in definitiva, che avrà un impatto del tutto marginale sulla condizione materiale delle persone, la classica montagna che ha partorito un topolino.

Le reazioni veementi delle Associazioni di impresa a questo proposito non si giustificano se si guarda alla concretezza del decreto, mentre si comprendono sul piano politico: il dogma della precarietà, della flessibilità, della svalutazione competitiva del lavoro non può essere, a loro avviso, messo in discussione nemmeno con un semplice titolo di legge che poi, nei fatti, è rimasto tale. Su questo piano, è evidente che ciò che noi consideriamo un problema, anzi “il problema”, per gli industriali è la soluzione. Difficile quindi trovare una piattaforma comune con questi presupposti.
Per essere ancora più esplicito, la domanda da rivolgere a Confindustria è: andate in piazza per chiedere più voucher e più precarietà? Per difendere il Jobs Act e la legge Fornero? Per rivendicare la Flat Tax o la “pace fiscale”? Per chiedere mano libera sui licenziamenti illegittimi, o magari sulle delocalizzazioni (come quelle che si stanno facendo qui in Veneto anche recentemente, ad esempio nella vicenda inaccettabile di EXO a Padova, in cui proprio Confindustria ha sostenuto la scelta della multinazionale di andare in Bosnia, licenziare decine di persone e impoverire il tessuto produttivo veneto al solo scopo di aumentare i margini di reddittività)? Se così è, noi non possiamo essere d’accordo.

Segnalo inoltre agli industriali che noi in piazza, in queste settimane, abbiamo già iniziato ad andarci: contro la schiavitù del Caporalato che uccide a Foggia ma che sfrutta anche in Veneto, a Catania davanti alla Diciotti “sequestrata”, a Milano davanti alla Prefettura contro la deriva razzista, xenofoba, nazionalistica, e anche qui in Veneto contro la vergogna delle morti sul lavoro che consegnano alla nostra regione un drammatico primato nazionale. Su questi temi però non abbiamo sentito una sola parola, né visto un solo atto dai nostri industriali.
Torneremo in piazza a breve, per salvaguardare lavoro, diritti e prospettive dell’ILVA, un’azienda strategica per l’intero apparato industriale del Paese. Così come ci opporremo a prevedibili tagli di un welfare già drammaticamente indebolito, o a riforme fiscali che tolgono ai ceti più deboli per rendere ancora più ricchi quelli forti.

In sintesi: non esiste il “partito del PIL”, esistono le Parti sociali che rappresentano interessi diversi e non di rado confliggenti. È importante il confronto, la contrattazione, la ricerca di una mediazione e di una sintesi, ma non funziona la pretesa di mettere al centro il solo interesse dei datori di lavoro, ammantandolo come interesse generale e dimenticando quello dei lavoratori, dei precari, dei giovani. Troppo facile e troppo comodo.
Allora a Zoppas, in un momento così difficile e così complesso per il Paese e per il Veneto, dico: difendiamo ed esercitiamo l’autonomia della Parti sociali, confrontiamoci e cerchiamo convergenze e obiettivi comuni, e solo allora potremo sfidare e incalzare insieme la Politica.
Questo non è certo possibile sui temi che gli industriali stanno agitando in queste settimane, lo è certamente su quelli che – proprio insieme a Confindustria – abbiamo condiviso e che ci hanno portato alla firma – lo scorso marzo a Roma – dell’accordo su contrattazione, relazioni sindacali, politiche di sviluppo (impropriamente noto come “Patto per la Fabbrica”).
Un accordo importante, che parla al Paese, che mette al centro: la crescita dei salari, la qualità del lavoro, gli investimenti e le politiche industriali, l’innovazione 4.0, la partecipazione nell’impresa, la salute e la sicurezza, una legge sulla rappresentanza sindacale e datoriale.

Da qui – se si vuole – le Parti sociali devono ripartire, questi sono i temi da mettere insieme sul tavolo istituzionale.
Lasciamo perdere il partito del PIL ed esercitiamo con serietà e determinazione il nostro ruolo – distinto – di rappresentanza sociale, nell’interesse dello sviluppo e del Paese, che non può essere ridotto e schiacciato sul solo interesse dei datori di lavoro.
Nella consapevolezza dei rischi che corrono l’Italia e l’Europa, ma anche nella convinzione che il nazionalismo xenofobo e il populismo sono forti perché il modello sociale nazionale ed europeo è stato indebolito, lasciando ai margini decine di milioni di persone. Pensare invece che sia il populismo l’origine dei mali del Vecchio continente e immaginare, come risposta, la difesa senza se e senza ma dello status quo vuol dire farlo trionfare alle prossime elezioni europee, con conseguenze a quel punto davvero inimmaginabili per tutti”.

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