VERTENZA ENEL / SCIOPERO NAZIONALE I SINDACATI CHIEDONO OCCUPAZIONE E PROFESSIONALITÀ PER IL FUTURO DEL PAESE

VERTENZA ENEL / SCIOPERO NAZIONALE I SINDACATI CHIEDONO OCCUPAZIONE E PROFESSIONALITÀ PER IL FUTURO DEL PAESE

No ai tagli, sì agli investimenti: per proteggere il lavoro e far crescere le competenze,per assegnare all’azienda un ruolo decisivo nella transizione energetica verso l’elettrico.

Sciopero del settore elettrico su tutto il territorio nazionale oggi, per ribadire il netto “no” dei lavoratori e delle lavoratrici di Enel al piano di sviluppo industriale presentato dal nuovo management. La mobilitazione generale arriva in risposta al fallimento dei numerosi tentativi di dialogo con l’azienda, e in Veneto ha visto un partecipato sit-in di fronte alla Prefettura di Venezia, organizzato dalle tre categorie sindacali Filctem Cgil, Flaei Cisl e Uiltec Uil. Nella mattinata il prefetto Darco Pellos ha accolto una delegazione, ascoltando le istanze presentate e impegnandosi a inoltrarle ai riferimenti istituzionali di competenza.

Quello prospettato dall’azienda, denunciano i sindacati, è uno “sviluppo” che poggia quasi esclusivamente su interventi volti a massimizzare i profitti a spese dei lavoratori e della qualità dei servizi: aumento del carico di lavoro per i dipendenti di ogni area (dalla manutenzione degli impianti ai negozi di vendita), cambio inspiegabile degli orari di lavoro degli operativi, nessuna assunzione in vista, riduzione dell’utilizzo dello smart working, esternalizzazione di buona parte delle attività elettriche… Insomma centinaia di posti a rischio, qualità del lavoro come dei servizi in netta discesa, e nessun investimento sugli asset e sulle persone, nel segno di una crescita vera.

«Non scioperiamo per rivendicare aumenti salariali, ma occupazione e professionalità per il futuro del Paese – spiegano Luca Stefanello, coordinatore degli elettrici per Filctem Cgil, Gabriella Lanni, segretaria generale di Flaei Cisl Veneto, e Giampietro Gregnanin, segretario generale di Uiltec Uil Veneto –. Siamo preoccupati per la direzione che sta prendendo l’azienda, che anziché scegliere di affrontare le sfide e cogliere le opportunità del Pnnr, imbocca la strada della mera razionalizzazione degli investimenti e di un contenimento dei costi (del personale anzitutto), con ripercussioni inevitabili sull’occupazione e la sicurezza, con un rischio di incremento di infortuni gravi o mortali e un arretramento evidente sul fronte delle tutele e dei diritti, ma anche degli standard di qualità dei servizi ai cittadini». «In anni di espansione del proprio business, Enel così tradisce la propria missione sociale e la vocazione industriale di servizio, causando un depauperamento globale del sistema dei servizi elettrici – continuano ancora –. Stiamo parlando dell’azienda italiana con la maggiore capitalizzazione in Borsa, che gestisce una concessione pubblica, vive di costi riconosciuti per le sue attività e grazie alle bollette degli italiani, ha ricavi altissimi e un costo del lavoro che incide pochissimo sul bilancio. Gli impediremo di operare a sfavore del sistema Paese, delle imprese, dei cittadini».

Ma accanto alle rivendicazioni delle tre organizzazioni ci sono anche il loro sconcerto e la preoccupazione per un ruolo mancato dell’azienda nell’evoluzione del settore dell’elettrico, con ogni evidenza necessaria e fondamentale per l’Italia: «È un’impresa che non dimostra alcuna visione strategica per il bene del Paese, per il quale è incapace di restituire valore – ribadiscono a una voce anche Giacomo Vendrame, Cinzia Bonan e Igor Bonatesta, rispettivamente segretari di Cgil, Cisl e Uil Veneto, che continuano –: Chiediamo che, come infrastruttura fondamentale, Enel sia la protagonista nel guidare la transizione energetica, l’elettrificazione dei consumi e i progetti previsti finanziati con il Pnrr». Nel nuovo piano di sviluppo non c’è infatti alcuna idea su come affrontare il superamento del fossile e la messa a terra delle nuove tecnologie green, si riducono gli investimenti per le fonti rinnovabili (passati da 5,5 miliardi a 2,9 miliardi di euro in tre anni), non c’è traccia di investimenti nel settore idroelettrico né sulla geotermia, solo un generico impegno per la realizzazione di impianti fotovoltaici e sistemi di accumulo (batterie). «Il rischio, insomma – concludono –, è di perdere ulteriore terreno rispetto agli altri Paesi europei, tutti impegnati a garantirsi sostenibilità e autonomia energetica coniugate all’energia green, e di arrivare completamente impreparati all’appuntamento con l’inevitabile passaggio all’elettrico».

A preoccupare i sindacati è inoltre la prospettiva del possibile passaggio delle concessioni idroelettriche e delle reti a soggetti esterni, anche esteri, con la perdita del governo di un asset strategico per l’Italia.

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