Diminuisce il numero di pensioni, aumenta, anche se di poco, l’importo medio dell’assegno che però rimane sempre molto basso. Lo Spi Cgil regionale presenta un aggiornamento del quadro in base agli ultimi dati dell’Inps per quanto riguarda le pensioni dei dipendenti privati.
Nel 2017 in Veneto l’importo lordo medio pensionistico mensile è di 891,50 euro, una cifra ancora molto bassa anche se migliore rispetto agli 879,04 euro dell’anno prima (più 12,46 euro). In generale, guardando ai pensionati veneti (e non alle pensioni), uno su tre (circa 412 mila anziani) vive con meno di mille euro lordi al mese e fra questi più di 110 mila ricevono un assegno inferiore ai 500 euro mensili.
Sempre emblematica si conferma la differenza fra uomini e donne, con i primi che guadagnano in media 1.223 euro al mese, e le seconde 640,20 euro.
Rovigo è la provincia con i pensionati più poveri (804,79 euro medie) mentre la più “ricca” è Venezia (926,95 euro).
Intanto emerge anche a inizio 2017 come sia diminuito il numero delle pensioni, ancora per effetto della legge Fornero. Secondo gli ultimi numeri forniti dall’Ente previdenziale, attualmente in Veneto ci sono 1.438.112 pensioni, in media 1,4 per ogni pensionato. A farla da padrone sono gli assegni di vecchiaia (858.427) seguiti da quelli di reversibilità.
Rispetto a inizio 2016 sono “sparite” 9.115 pensioni, ma se le pensioni di vecchiaia sono 854.427 contro le 864.738 del 2016 e quelle di invalidità sono passate da 46.672 a 44.655, quelle di reversibilità sono salite da 310.288 a 313.524, gli assegni sociali da 34.419 a 35.029, gli assegni per l’invalidità civile da 187.264 a 190.323.
“I dati sulla povertà dei nostri pensionati restano ancora molto preoccupanti – commenta Rita Turati, segretaria regionale dello Spi Cgil – In più continua a essere evidente l’insopportabile diseguaglianza fra gli assegni pensionistici degli uomini e quelli delle donne, che in media sono la metà a livello di importo. Questo argomento diventa prioritario nel confronto con il governo sulla previdenza. Noi da sempre chiediamo il riconoscimento del lavoro di cura”. Per quanto riguarda il calo del numero di pensioni, continua Turati, “conferma il colpevole ritardo del governo nella emanazione di norme che introducono flessibilità in uscita come ad esempio l’Ape sociale, che potrebbe sbloccare situazioni problematiche e delicate di lavoratrici e lavoratori prossimi alla pensione”. Il leggero aumento dell’importo dell’assegno previdenziale, invece, “è conseguenza del pensionamento di molte donne e uomini entrati nel mondo del lavoro a fine anni 70 e quindi un importante bagaglio previdenziale. Ora, grazie anche allo Spi Cgil, a luglio verrà allargata la platea dei pensionati beneficiari della quattordicesima mensilità. Un risultato ottenuto lo scorso autunno al tavolo con il governo. Ma sono ancora tante le battaglie da affrontare per superare le diseguaglianze e per dare alle persone anziane un po’ di tranquillità economica”.