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SGRAVI ASSUNZIONI: LE MAGLIE LARGHE FAVORISCONO LE “FURBATE”. SI RENDA IL PROVVEDIMENTO PIU’ SELETTIVO E SI PREMI L’OCCUPAZIONE VERAMENTE NUOVA

Mentre il Ministero del Lavoro e l’Inps hanno deciso di potenziare l’attività ispettiva, il caso dei furbetti del jobs act è arrivato in Parlamento dove nella risposta ad un’interrogazione si fa riferimento esplicito ad alcuni casi avvenuti nella provincia di Padova, talmente evidenti da aver già prodotto la “revoca dei benefici contributivi indebitamente ottenuti” e la trasmissione degli atti alle sedi Inps per il recupero contributivo e l’irrogazione delle sanzioni civili”.Il meccanismo descritto è semplicissimo: le imprese committenti disdettano contratti di appalto che interessano molti lavoratori fissi i quali, licenziati, continuano a prestare la stessa attività di prima nello stesso luogo però con un contratto di somministrazione. Trascorsi i sei mesi necessari a rendere fruibili gli sgravi contributivi per le nuove assunzioni a tempo indeterminato (non si applicano infatti per lavoratori che nei 6 mesi precedenti hanno avuto rapporti stabili), gli stessi lavoratori vengono assunti da una nuova impresa appaltatrice, magari costituita appositamente, per godere del beneficio che è pari a 8.060 euro a lavoratore per 3 anni. Ma ci può essere dell’altro.

Un sospetto viene a fronte del moltiplicarsi anche nel Veneto dei casi di aziende che chiudono – in tutto o in parte – un sito produttivo per trasferire le lavorazioni che vi vengono realizzate in un altro stabilimento, sempre italiano, di loro proprietà. Ai lavoratori viene proposto il trasferimento, raramente accettato visto che si tratta di spostamenti in altre regioni ed il tutto si conclude con il ricorso agli ammortizzatori sociali per i dipendenti della fabbrica dismessa e – si è portati a pensare – l’assunzione nell’altra unità di forze fresche e accompagnate dalla dote degli sgravi contributivi. Non possiamo ascrivere tutti gli spostamenti di attività a queste intenzioni poiché alla base possono esserci esigenze diverse. E’ comunque un fatto che nel Veneto è emerso come fenomeno nuovo e di una certa consistenza l’abbandono da parte di aziende che hanno portato altrove, ma sempre in Italia, produzioni o servizi proponendo traslochi – difficili da accettare – ai dipendenti.

L’attenzione del sindacato sarà massima rispetto a quanto può avvenire perché è assolutamente impensabile che con i soldi pubblici, quali quelli degli sgravi contributivi per le assunzioni a tempo indeterminato, anziché costruire nuovo lavoro si arrivi a sconvolgere l’occupazione e la vita di lavoratori calpestati nei loro diritti e nella loro dignità per accaparrarsi l’incentivo. Ma ciò dimostra anche che non è con la strada delle elargizioni a pioggia, date a chiunque e senza particolari vincoli anche rispetto alla qualità dell’impresa che si crea il lavoro. Non condividiamo la richiesta di un’ulteriore proroga degli sgravi così come sono congegnati avanzata da Confindustria veneto.

La Cgil non nega – anzi la rivendica – la necessità di sostenere le imprese che accrescono il lavoro, sia sul piano quantitativo che qualitativo. Ma ciò deve avvenire in maniera selettiva, sostenendo le aziende che creano occupazione aggiuntiva, non quelle che avrebbero comunque assunto o addirittura chi fa il gioco delle tre carte. Soprattutto, il sostegno va dato per promuovere gli investimenti e l’innovazione e la valorizzazione e qualificazione delle risorse umane che sono le vere leve per lo sviluppo ed il consolidamento di un’impresa, e conferiscono prospettive di lungo respiro all’attività produttiva assieme a prospettive solide di stabilità del lavoro. Del resto gli stessi dati ci dicono che la vera ripresa occupazionale è ben al di là da venire. gli sgravi e il jobs act non hanno aumentato il lavoro. Infatti lo stesso saldo positivo di 11.204 unità dei contratti a tempo indeterminato è però dovuto a 41.502 trasformazioni da contratti precari a rapporti stabili e non ad un incremento dovuto ad un maggior numero di assunzioni (112.760) rispetto alle cessazioni (143.058).

Se c’è un segmento in forte crescita che invece deve preoccupare è il boom dell’utilizzo dei voucher, arrivati in agosto ad oltre 9 milioni, eguagliando il dato dell’intero 2014. Si tratta di una modalità estremamente precaria (e priva di tutele e possibilità di accesso agli ammortizzatori) che è andata a sostituire il regolare lavoro stagionale, soprattutto nel turismo.

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