SCOPERTI IN RIVIERA LAVORATORI IN NERO E FAMIGLIE DI CINESI SEGREGATE IN FABBRICHE-ALLOGGIO TRA SOSTANZE NOCIVE.

SCOPERTI IN RIVIERA LAVORATORI IN NERO E FAMIGLIE DI CINESI SEGREGATE IN FABBRICHE-ALLOGGIO TRA SOSTANZE NOCIVE.

Operazione della guardia di finanzia in Riviera del Brenta. Scoperti  lavoratori in nero e intere famiglie di cinesi segregate in fabbriche-alloggio tra sostanze nocive. Irregolare il 70% delle aziende ispezionate.

Otto laboratori chiusi, altri 24 trovati irregolari. Solo poco più di una decina quelli privi di anomalie. Questo il risultato dell’operazione ispettiva “colpo di tacco” realizzata nel comparto calzaturiero della Riviera del Brenta dalla Guardia di Finanza con la collaborazione degli organi ispettivi della Direzione territoriale del Lavoro, dell’Inps e dell’Ulss.

Oggetto dell’ ispezione, 48 tomaifici gestiti da cinesi: una realtà ampiamente diffusa nella Riviera e nel Miranese, dove si producono scarpe e borse di alta gamma per un fatturato di circa un miliardo di euro, e dove le lavoranti a domicilio degli anni ‘70 ed ‘80 hanno lasciato il posto al decentramento e sub-decentramento in una miriade di microimprese dove il lavoro (e a volte anche la merce) è fortemente esposto ad irregolarità.

L’ operazione condotta dalla Guardia di Finanza, che rientra nell’ambito di un programma di accertamenti iniziato alla fine dell’anno scorso, ha portato alla scoperta di irregolarità fiscali e contributive nel 70% delle aziende visitate, con 28 lavoratori completamente in nero ed altri 104 impiegati al di fuori della normativa contrattuale.

Le 8 ditte per cui si è decretata la chiusura dell’ attività sono state individuate tra Mirano, Fossò e Fiesso d’Artico. In 4 di esse è stata accertata la presenza di operai in nero superiore al 30% del totale di occupati; nelle altre quattro si è riscontrata l’assenza dei requisiti minimi di salubrità e di sicurezza.

Sono situazioni viste già altre volte, ma che non smettono mai di creare raccapriccio e indignazione per le condizioni aberranti in cui sono costretti a vivere non solo i lavoratori ma anche donne e bambini, magari messi anche loro a “produrre” giorno e notte.

Stando all’indagine “colpo di tacco”, sono emerse realtà dove i “dipendenti” erano costretti a ritmi opprimenti, sorvegliati da telecamere, e chiusi tra l’azienda e l’ alloggio attiguo dove vivevano tutti assieme anche con i figli e le mogli, senza aspiratori e prese d’ aria, costretti a respirare le esalazioni delle colle la cui pericolosità è nota e può portare a gravi neuropatie con problemi di tipo motorio.

“La Cgil sta denunciando da anni la presenza di laboratori illegali o quantomeno irregolari nella filiera della manifattura della Riviera – afferma Riccardo Colletti, segretario generale della Filctem di Venezia – Ancora una volta le nostre denunce sono andate a buon fine. Queste operazioni però devono continuare capillarmente visto che questo tessuto sommerso di illegalità è piuttosto profondo.”

“Per un territorio come il nostro che soffre da anni di una profonda crisi, l’azione condotta dagli organi ispettivi è una buona notizia”, ha commentato il Segretario generale della Camera del Lavoro Metropolitana, Enrico Piron, ricordando le tante battaglie e le conquiste realizzate dalla Cgil nella zona, a partire da importanti accordi territoriali. “Da anni – aggiunge – tutto questo sembra essere stato spazzato via per colpa di imprenditori che non si fanno scrupolo di utilizzare forme di lavoro che si possono definire schiavismo . E’ il momento di mettere ordine a tutto questo.”

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