Cgil, Cisl e Uil hanno approvato e inviato a tutte le associazioni datoriali il documento sul nuovo modello contrattuale (“Un moderno sistema di relazioni industriali. Per uno sviluppo economico fondato sull’innovazione e la qualità del lavoro”) su cui chiedono l’avvio del confronto.
“La valorizzazione del lavoro – scrivono – è un fattore strategico e imprescindibile per rilanciare la competitività, la produttività e l’efficienza delle imprese”. Ed infatti nella premessa del testo è evidenziato come “l’esigenza che il Paese sappia cogliere i timidi segnali di ripresa, derivanti in massima parte da fattori esterni alla nostra economia, richiedono la definizione di un nuovo progetto di relazioni industriali per l’intero mondo del lavoro e dell’impresa, in grado di affermare il ruolo delle parti sociali come elemento fondante di democrazia, di tutela e miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, oltre che di promozione della crescita economica e sociale”.
Il nuovo sistema di relazioni industriali proposto da Cgil, Cisl e Uil non riguarda solo il modello contrattuale in senso stretto, ma poggia su tre pilastri: la contrattazione, la partecipazione e le regole, per valorizzare il ruolo della “risorsa lavoro” nel rilancio del sistema delle imprese e per rendere pienamente esigibili i contratti.
Sul piano contrattuale si affermano i due ambiti della contrattazione, nazionale e di II livello (aziendale, territoriale, di distratto, di sito o di filiera), attribuendo al contratto nazionale la funzione di “primaria fonte normativa e di centro regolatore dei rapporti di lavoro”, cui spetta stabilire le linee guida per la contrattazione di secondo livello che va rafforzata sia sul piano quantitativo (oggi interessa meno del 30% dei lavoratori veneti) che qualitativo.
La crescita salariale – che non può essere solo riferita alla tutela dall’inflazione – deve veder una redistribuzione della ricchezza prodotta rafforzando il potere d’acquisto delle retribuzioni così da rilanciare la domanda interna e stimolare la crescita della produttività. In tal senso i contratti nazionali – cui spetta definire i minimi salariali con valenza erga omnes – dovranno assumere quali criteri guida le dinamiche marcoeconomiche, gli indicatori di crescita e gli andamenti settoriali.
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