MELEGATTI A RISCHIO. LAVORATORI DAL PREFETTO

MELEGATTI A RISCHIO. LAVORATORI DAL PREFETTO

Materie prime che mancano, lavoratori da due mesi senza stipendio ed ora la cassa integrazione. Tra i lavoratori della Melegatti (90 diretti e 230 stagionali tra i due stabilimenti di San Giovanni Lupatoto e San Martino Buon Albergo) la preoccupazione è alle stelle. L’azienda è in crisi di liquidità e se non si opera velocemente un aumento di capitale (per il 30 ottobre è convocata l’assemblea straordinaria dei soci) rischia di saltare la campagna natalizia proprio nello storico marchio che ha inventato il pandoro.

Due giorni di sciopero, il 9 e 10 ottobre, sono stati proclamati da Flai Cgil, Fai Cisl, e Uila Uil che hanno anche organizzato un presidio a Verona in piazza dei Signori, con contemporaneo incontro con il Prefetto, per il 10 ottobre.
“La situazione è delicata e in piena campagna natalizia la produzione dei due stabilimenti è ferma”, riferisce Paola Salvi, segretaria della Flai Cgil di Verona. “I dipendenti – dice – aspettano due mesi di stipendio e, quel che è peggio, i fornitori non sono stati pagati. Così, senza materie prime, i pandoro non si possono fare”.

Per il rilancio “occorrono un aumento di capitale e l’arrivo di un nuovo imprenditore che abbia voglia di investire nell’azienda. Le possibilità – aggiunge Salvi – ci sono, ma se davvero l’attuale presidente tiene al futuro dell’azienda deve mettersi una mano sul cuore. La Melegatti non può morire, ha grandi potenzialità, ci sono imprenditori interessati a entrare e a rilanciarla, e anche le banche sono disposte a continuare a darle credito”.

L’amministratore delegato Emanuela Perazzoli manda messaggi che vorrebbero rassicurare (“con il mese di novembre riprenderemo quota come deve essere e come è sempre stato” ha dichiarato), ma in una situazione di questo tipo nessuno è disposto a sedersi ad aspettare.
La situazione debitoria è pari a 15 milioni di euro (a fronte di un fatturato 2016 di 70 milioni), vi sono tensioni all’interno della proprietà e pesano errori gestionali, a partire dalla mancata diversificazione dei prodotti e dall’assenza di una strategia organizzativa.

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