Il mondo delle strutture residenziali di assistenza venete ormai è una piccola giungla. Nell’assenza – più che decennale – di una normativa e col crescere della crisi, che da un lato ha toccato le famiglie cambiando la qualità della domanda e dall’altro le stesse strutture, in questi anni è andata crescendo una forte disomogeneità tra i diversi istituti e tra gli stessi territori.
Una disomogeneità che si traduce in gestioni e forme giuridiche diverse (con molte privatizzazioni avvenute), differenze nelle rette a carico dell’utenza che arrivano anche al 70% di divario, servizi e rapporto personale/utenti a volte molto differenziati così come lo è il trattamento dei lavoratori cui sono applicati contratti e rapporti di lavoro diversi.
A fronte di questo panorama, la nuova proposta di legge regionale di riforma (dopo un vuoto di quindici anni dalla legge nazionale che la prevede) presentata dalla stessa Giunta (Pdl 25/2015 “Disposizioni per la trasformazione delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza e per la disciplina delle aziende pubbliche e delle persone giuridiche di diritto privato di servizi alla persona”) sembra insufficiente ad affrontare la complessità della materia e fissare obiettivi e parametri in grado di riportare ad una logica unitaria – e pubblica – ed a qualificare maggiormente un sistema che va ricondotto all’ambito socio-sanitario, acquisendo anche funzioni legate ai servizi territoriali.
Per questo Cgil Cisl Uil e le rispettive categorie della Funzione Pubblica e dei pensionati hanno presentato una proposta da portare ad uno specifico confronto con la Giunta regionale oltre che sottoporre al Consiglio veneto ed alle rappresentanze degli Enti Locali.