Care compagne, cari compagni,
qualcuno ha rimproverato a noi, alle donne della Cgil di non aver festeggiato l’insediamento a Palazzo Chigi della prima Presidente del Consiglio donna.
Chi ha ascoltato con attenzione le parole appena pronunciate da Giorgia Meloni, sapendo qual è la sua visione delle donne, e chi conosce le politiche economiche e sociali del suo Governo, è perfettamente in grado di capire il motivo del nostro scetticismo.
Prendiamo solo l’ultima scelta: la delega fiscale.
Il 90% delle lavoratrici della nostra Regione ha un reddito che raggiunge al massimo i 28.000 euro lordi all’anno. E per le pensionate va anche peggio.
La riforma, nella migliore delle ipotesi, per loro non porterà nessun miglioramento, nella peggiore una perdita di salario netto. E, invece, chi guadagna più di 50.000 euro (nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di uomini) riceverà 1500 euro in più all’anno.
E, a quanto pare, i danni non si fermeranno al fisco.
È nota, infatti, la volontà della maggioranza di liberalizzare i contratti a tempo determinato. Proprio ora che si intravede, almeno in Veneto, qualche timido segnale di incremento dei tempi indeterminati. Si vuole così soffocare sul nascere la prima inversione di tendenza rispetto a una precarietà che, dobbiamo ricordarlo, colpisce soprattutto le lavoratrici. Stesso discorso sulla Previdenza.
Hanno preso voti promettendo l’abolizione della Legge Fornero, ma nella loro prima Finanziaria non solo l’hanno confermata, ma hanno anche abolito Opzione donna. Una misura largamente insufficiente e penalizzante, che ha però rappresentato – in questi anni – comunque una risposta. Tutto questo per dire che una leadership femminile serve a ben poco se non è, contemporaneamente, una leadership femminista. E la cultura della destra italiana è tutt’altro rispetto al femminismo, non solo per quanto riguarda i diritti civili, ma anche sui diritti sociali.
La crisi sociale che sta attraversando il nostro Paese va al di là della questione di genere e accomuna tutte le lavoratrici e i lavoratori, le pensionate e i pensionati che rappresentiamo.
L’inflazione mangia alle famiglie almeno 2000 euro all’anno. I mutui stanno crescendo di 200 euro al mese. Si sta determinando un impoverimento drammatico di milioni di persone.
Di fronte a questa situazione, l’Esecutivo o non fa nulla, o peggiora le cose.
E introduco altri due temi: la reintroduzione dei voucher e le mani libere su appalti e sub appalti.
Sono scelte cariche di conseguenze, che misuriamo ogni giorno nel nostro territorio, a partire dal tema della salute e della sicurezza sul lavoro.
Il Veneto è la seconda regione italiana per morti e per infortuni. A livello territoriale stiamo provando in ogni modo a fermare questa vera e propria strage. Con accordi con l’Istituzione regionale, con il confronto con i datoriali, con la vigilanza e le vertenze dei nostri RLS e RLST, con la mobilitazione. Ma se non si elimina, alla radice, la condizione di ricattabilità delle lavoratrici e dei lavoratori, è come svuotare il mare con il cucchiaio. E a rendere i lavoratori ricattabili sono proprio la precarietà e la giungla degli appalti e dei subappalti.
E, a questo proposito, lasciatemi qui ricordare Giuliano De Seta, lo studente che, in provincia di Venezia, ha perso la vita mentre svolgeva uno stage formativo in azienda. A questo punto siamo arrivati, muoiono di lavoro perfino i ragazzi che ancora frequentano le nostre scuole. È arrivato davvero il momento di dire basta a tutto questo.
C’è bisogno di una svolta, che certamente non arriverà dai tavoli convocati dal Governo. Solo la mobilitazione può produrre risultati.
E lasciano ben sperare le parole di Luigi Sbarra su questo palco. Sul territorio abbiamo provato a non perdere mai il filo unitario con Cisl e Uil.
Per il prossimo 30 marzo abbiamo organizzato un’iniziativa regionale unitaria a difesa della sanità pubblica (ieri se ne è molto parlato). È un tema decisivo sia per i cittadini, sia per le lavoratrici e i lavoratori che non meritano, anche per ciò che hanno fatto durante la pandemia, il trattamento che gli viene riservato.
Se il Sindacato ritrova l’unità anche a livello nazionale, se facciamo crescere insieme un’opposizione sociale nel Paese, allora le cose possono cambiare sul serio. Una crisi di questa portata non la si risolve applicando le solite ricette.
Ha detto bene Maurizio Landini nella sua relazione: i soldi a pioggia alle imprese, senza condizionalità, sono uno spreco di denaro pubblico. Porto l’esempio della Safilo di Longarone, in provincia di Belluno. Un’azienda costruita anche grazie ai fondi della catastrofe del Vajont. Un’azienda che nel 2019 ha ricevuto rilevanti risorse per la sua ristrutturazione, con l’accesso agli ammortizzatori sociali e al fondo Nuove competenze e un pesante piano di esuberi. E pochi mesi dopo la chiusura di questo processo, la Safilo ripaga i sacrifici dei suoi dipendenti annunciando la chiusura del sito.
Ci batteremo, come in tutte le altre crisi aziendali, per evitarlo, con tutte le nostre forze. E ci batteremo anche contro l’ipotesi di Autonomia differenzia, che proprio in Veneto ha mosso i primi passi e contro la quale ci siamo schierati con nettezza – e spesso in solitudine – fin da subito. Alla base di questo progetto c’è l’illusione che il Nord possa salvarsi da solo, che il nostro sistema produttivo non abbia limiti e problemi. Non è così. Ed è emblematico un dato.
In Veneto, in vent’anni, contiamo 250.000 giovani in meno. Una città grande come Verona, piena di ragazze e ragazzi, è scomparsa dalla geografia della nostra Regione. Ed è successo non solo per la crisi demografica, ma perché i giovani se ne vanno a migliaia per realizzarsi fuori dai nostri confini. Dobbiamo invertire questa tendenza, creando lavoro di qualità per le nuove generazioni, favorendo l’ingresso regolare di lavoratori migranti, oppure il sistema implode su sé stesso. Su quest’ultima necessità sembra d’accordo anche Confindustria, alla quale vogliamo però ricordare che a entrare in Italia non sono semplicemente braccia, forza lavoro, ma persone, cui va riconosciuta la dignità nel lavoro e i diritti di cittadinanza.
Su tutto ciò la giornata di oggi ci ha confermato che nulla possiamo aspettarci da un Governo che non ha dato nessuna risposta alle aspettative della nostra gente. Comprese le aspettative della pace in Ucraina e negli altri teatri di guerra, che si realizzeranno con la diplomazia e non con una nuova corsa alle spese militari. Il mondo deve unirsi per combattere la grande emergenza del cambiamento climatico e non dividersi in blocchi contrapposti, gli uni contro gli altri armati.
Ancora una volta, compagne e compagni, se vogliamo un diverso modello di sviluppo, una società giusta, solidale e antifascista, dobbiamo conquistarceli. E lo faremo.
Grazie dell’attenzione e buona lotta a tutti noi.