CGIL VENETO
Confederazione Generale Italiana del lavoro Veneto

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Il mercato si sdoppia, c’è chi può scegliere, ma tanti restano indietro

Intervista a Tiziana Basso sul Corriere del Veneto

Tiziana Basso, segretaria regionale della Cgil, cosa ci suggerisce il dato dello scorso anno sulle dimissioni?

«Le persone hanno cambiato un pochino punto di vista. Diciamo che il fenomeno si è molto concentrato dopo il blocco dei licenziamenti con il Covid, quindi nel 2022 quindi ha effettivamente raggiunto una dimensione importante. Va detto che la mobilità nella nostra regione, quando il mercato del lavoro è positivo, non è una novità, soprattutto nel settore metalmeccanico e nel manifatturiero in generale».

Che riscontri avete?

«Parlando con le persone che vengono nelle nostre sedi, emerge che sicuramente la mobilità è legata al fattore economico, ma anche a un miglioramento delle condizioni generali, quindi che ci sia la possibilità di crescita personale e professionale. Ma c’è anche, e sempre di più, la questione dei tempi, l’equilibrio tra vita e lavoro a favore della prima. È un tema diventato importante con la pandemia: è cresciuta un po’ la consapevolezza del tempo come fattore chiave per sviluppare la vita personale».

Un elemento che prende forza.

«Però bisogna distinguere. Ci sono lavoratori strutturati per competenze, qualificati, che hanno conquistato una forza contrattuale nei confronti delle aziende: possono permettersi di fare ragionamenti su “una vita migliore”. Parlo di orari di lavoro, possibilità di smart working, di welfare allargato».

E poi?

«Ci sono i lavoratori che hanno assai meno possibilità. Pensiamo alle donne, ancora spesso legate a un lavoro meno qualificato, e meno qualificante. Lì muta il paradigma: il cambiamento può riguardare l’orario di lavoro, ma in senso contrario. C’è tanto part time obbligatorio, involontario, e molte donne se hanno la possibilità di fare più ore con il tempo pieno, cambiano. E poi ci sono quelli che io chiamo i lavoratori incastrati , uso questo termine per determinate fasce che non hanno la possibilità di cambiare. Che non hanno, proprio perché sono meno qualificati, nuove opportunità».

I contratti a tempo indeterminato sono stati 37 mila in più rispetto all’anno precedente. Sembra che in qualche modo le aziende cerchino anche questo strumento per accaparrarsi i lavoratori. Si giocano la carta del posto fisso.

«Dobbiamo rilevare anche il dato demografico. Abbiamo di fatto sempre meno giovani che accedono al mercato del lavoro, quindi di fatto le aziende non hanno questa grandissima platea da cui scegliere. È la legge della domanda e dell’offerta. E poi c’è da fare un’altra considerazione».

Quale?

«Il recupero dei posti di lavoro sicuramente si è verificato dopo la pandemia, anche se non siamo ancora ai livelli del 2008. Ma i report di Veneto Lavoro non ci forniscono le ore lavorate. È la chiave per capire quanto forte sia davvero la ripresa».

In tutto questo si inserisce il famoso mismatch tra competenze, titoli richiesti e l’offerta di lavoratori.

«Dobbiamo lavorare sui percorsi di formazione e di riqualificazione all’interno delle imprese e dobbiamo smettere di pensare che il lavoratore sia cosa dell’azienda. È semmai un patrimonio del territorio, quindi formarlo va a beneficio di tutti. E poi non dimentichiamoci del salario».

Ovvero?

«Le politiche salariali passano sicuramente per gli aumenti del contratto collettivo nazionale, ma anche per la contrattazione che si fa a livello aziendale e locale. Ho partecipato pochi giorni fa al Congresso della Lega delle Cooperative, dove è emersa con forza la difficoltà di trovare personale nella cooperazione sociale. Ma vogliamo guardare le paghe che si praticano in quel settore, a fronte di un forte impegno emotivo, oltre che fisico, in questo tipo di lavoro? Sono bassissime. Quindi è chiaro che c’è un problema di riconoscimento sociale del lavoro».

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