DECRETO DIGNITÀ: IL GIUDIZIO DELLA CGIL

DECRETO DIGNITÀ: IL GIUDIZIO DELLA CGIL

Il decreto dignità varato dal Consiglio dei ministri, “pur contenendo misure interessanti e condivisibili, da tempo richieste dalla Cgil, a partire dall’intervento sui tempi determinati, manca di coraggio nell’affrontare, attraverso un intervento organico, un profondo ridisegno delle regole del mercato del lavoro”. Inizia così il commento della Cgil nazionale al testo del decreto dignità, approvato dal governo Conte. Questo, per il sindacato, è “il vero limite” dell’intervento dell’esecutivo.

Il nuovo governo, per dimostrare la volontà di rimettere al centro il lavoro e la sua dignità, “deve ambire ad una proposta più forte che parta dagli investimenti volti a creare occupazione, dal sostegno agli ammortizzatori sociali per affrontare l’enorme problema sociale determinato dalla crisi, dal rilancio e dagli investimenti sulle politiche attive del lavoro”. Se non sostenute da un organico disegno di contrasto alla precarietà, infatti, le positive misure sul tempo determinato “rischiano di spostare il peso della precarietà su forme ancora meno tutelate ed ampiamente abusate, quali i tirocini, le false partite Iva se non di incrementare il ricorso al lavoro intermittente o al lavoro autonomo tout court”.

La Cgil esprime “nettissima contrarietà” all’intervento volto al ripristino dei voucher “vecchia maniera”, a partire dal lavoro agricolo: “Strumento che muove in direzione contraria all’annunciata difesa della dignità del lavoro”. Poco coraggio anche nell’intervento sui licenziamenti ingiustificati: “Riprende una vecchia proposta di innalzamento delle indennità, senza tuttavia intervenire né sul ripristino della reintegra né sull’impianto più generale delle norme contenute sul decreto sulle tutele crescenti”.
Insomma, non c’è nessun “licenziamento” del Jobs Act, né della legislazione che ha ridotto i diritti nel corso degli anni. Le norme, afferma la confederazione, “speriamo non siano solo un messaggio utile alla propaganda ma un inizio di un percorso di riforma vero”.
La misura sulle delocalizzazioni rappresenta un primo tentativo per arginare un fenomeno negativo per l’economia e l’occupazione. Dall’altra parte, però, “ha il limite di non essere una risposta compiuta e forte che renda esigibile l’insieme delle norme previste e, nel contempo affronti anche dal punto di vista sociale, attraverso il ridisegno degli ammortizzatori, le ricadute che tali comportamenti di impresa determinano negativamente sui lavoratori e sulla occupazione”.
Poi il pacchetto fiscale. “Pur svuotato rispetto ad alcuni annunci su misure usciti in questi giorni – spiega la Cgil -, va nel segno opposto rispetto a una politica che deve fare della lotta all’evasione e all’elusione uno dei principali filoni di intervento”.

Contratti a termine, somministrazione e licenziamenti
Le causali sui contratti a termine vengono introdotte solo dopo un primo contratto, o per rinnovi che superano i 12 mesi. In ogni caso, scrive la Cgil, “l’intervento è positivo. Risulta condivisibile anche la riduzione del limite massimo che passa dai 36 mesi ai 24, così come il numero delle proroghe possibili da 5 a 4”.
L’introduzione dell’aggravio del costo contributivo per ogni rinnovo “è in termini di principio condivisibile”. Tuttavia “appare evidente come tale aggravio, cioè l’aumento dello 0,5% del contributo Naspi della legge 92/12, rischi di essere ragione per la quale le imprese possano decidere di non rinnovare alla scadenza dei 12 mesi, procedendo ad alimentare il turn over attraverso plurimi contratti a tempo determinato di 12 mesi”.
Sempre sulle causali, resta aperto il tema della loro definizione in relazione al rapporto con la contrattazione collettiva: questo non è previsto dal testo, e invece “può rappresentare un elemento di flessibilità rispetto alla rigidità del legislatore”.
In tema di somministrazione, il decreto prevede la completa sovrapposizione della disciplina del rapporto di lavoro in somministrazione a termine a quello a tempo determinato, eccetto gli articoli riferiti al numero complessivo dei contratti e ai diritti di precedenza. “Tale sovrapposizione – per la Cgil – può indurre effetti paradossali e che dovranno essere oggetto di valutazione, quali ad esempio quelli che si determinano dalla disciplina dello stop and go. A noi pare – nel complesso – che l’intervento rischi di ingenerare un effetto opposto a quello voluto dal legislatore, perché si regolamenta in modo restrittivo il lavoro in somministrazione a tempo determinato, lasciando inalterata la disciplina per la somministrazione a tempo indeterminato”.
L’intervento sull’articolo 3 del dl 23/15 in materia di indennità per licenziamento ingiustificato introduce un innalzamento: la misura non potrà essere inferiore a sei mensilità e non superiore a trentasei. Una norma che “muove nella direzione, da sempre auspicata, del rafforzamento della funzione di deterrenza contro i facili licenziamenti rispetto alla norma precedente. Occorre tuttavia sottolineare che non viene in alcun modo toccato l’intero impianto dello stesso decreto”.

Delocalizzazioni
Le misure di contrasto alle delocalizzazioni “rappresentano finalmente un primo, positivo tentativo per arginare un fenomeno negativo per l’economia e l’occupazione in Italia. Il provvedimento va quindi nelle giusta direzione”.
La Cgil rilancia alcune indicazioni e proposte migliorative: fra tutte, la misura deve riguardare anche la parte dei finanziamenti pubblici indirizzati ai processi di “ricerca e sviluppo” o analoghi, non solo il contributo per “investimenti produttivi”. Nessuna misura di politica industriale e sociale, invece, è prevista per tutte le altre aziende che non ricevono aiuti di Stato, ma che decidono comunque di chiudere in Italia e delocalizzare parte o tutta l’attività produttiva in Europa. In questi casi non c’è alcun riferimento all’utilizzo del fondo anti-delocalizzazione.

Semplificazione fiscale
Il pacchetto “appare privo di tutte le più importanti misure fiscali annunciate, dalla dual tax alla sanatoria delle cartelle esattoriali. Anche le misure in decreto sembrano ‘svuotate’. La principale motivazione va attribuita alla mancanza di coperture e, dunque, al mancato gettito che tali misure produrrebbero”. Questo il giudizio della Cgil: “Si ravvisa chiaramente il segno opposto a una politica di lotta all’evasione fiscale”.

Continuando a navigare sul sito acconsenti all'uso di Cookie Tecnici che permettono di offrire la migliore esperienza di navigazione, come descritto nell'informatva sulla privacy.