Piena determinazione a portare a casa un buon contratto è stata espressa dall’attivo regionale Flai-Fai-Uila di oltre un centinaio di delegati e quadri dell’industria alimentare, tenutosi a Mestre nella sede della Cgil. In particolare è stata confermata la posizione assunta dalle segreterie nazionali in merito al rinnovo del CCNL Industria Alimentare.Le conclusioni di Mauro Macchiesi, della segreteria nazionale della Flai, hanno rilanciato le iniziative di lotta che potranno essere assunte solo dopo dicembre, alla fine della moratoria prevista dagli accordi sindacali.
Macchiesi nel rispondere alle numerose domande e preoccupazioni emerse dal dibattito ha invitato i segretari e i delegati a procedere a ritmo serrato nel fare le assemblee anche, nel periodo critico per l’industria alimentare, nel mese di dicembre, al fine di informare il più alto numero di lavoratori delle posizioni assurde e provocatorie di Federalimentare e del suo Presidente.
Nella piattaforma presentata le organizzazioni sindacali chiedono:
• Più diritti, più tutele e più formazione per chi lavora nella stessa azienda; assemblee anche nelle aziende con meno di 10 dipendenti e la possibilità di costituire le rappresentanze sindacali di bacino.
• La garanzia della continuità occupazione in caso di cambio appalto e la ridefinizione della disciplina dei rapporti di lavoro a tempo determinato messa a rischio dal JOBS ACT.
• La costruzione di un fondo mutualistico a carico delle imprese che integri la NASPI per chi viene licenziato a due anni dalla pensione; la cancellazione della previsione di una contribuzione a carico dei lavoratori iscritti al FASA.
• un aumento salariale di 150 € in 4 anni per dare spazio alla contrattazione di secondo livello.
In un Paese dove l’inflazione tende a zero e, al contrario, il PIL cresce, “dobbiamo – dicono le organizzazioni sindacali – agganciare la ricchezza prodotto e redistribuirla p
er i 400.000 lavoratori che rappresentiamo.
I dati generali sull’economia – aggiungono – sono positivi: il PIL è in crescita, aumentano gli investimenti in particolare nel settore, sale la domanda interna.
Inoltre il dollaro si è rafforzato sull’Euro, si è abbassato il costo delle materie prime, compreso il petrolio, il tasso di interesse è inferiore allo zero,
Nel settore sono 27.000 su 54.000 le aziende che esportano con un fatturato vicino alle due cifre. Nel complesso l’industria alimentare in questi otto anni è cresciuta di fatturato attorno al 4%.
In più le aziende godono di consistenti risparmi fiscali e contributivi già previsti nella legge di stabilità 2015 (IRAP 5,6 miliardi di riduzione, oneri Sociali 2,6 miliardi di riduzione), mentre
nella legge di stabilità 2016 sono previste ulteriori riduzioni.
Anche di fronte a tutto ciò è inaccettabile la posizione di Federalimentare che vuol far vedere un settore in crisi in un Paese che cresce.
Nel merito ci viene richiesto:
• calcolo dell’orario settimanale su base annua: a questo punto la flessibilità prevista dal CCNL non serve più, ma non servono più nemmeno gli stagionali;
• niente contrattazione economica in azienda sulla flessibilità e su tutte quelle voci che prevedono un aumento dei costi, compreso lo straordinario che verrà calcolato a fine anno e trasferito su altri istituti, ROL, permessi e/o welfare aziendale;
• secco NO sulla certificazione etica, sulla contrattazione di secondo livello e sulla comunità di sito;
• aumento economico di soli 7 Euro.
Tutto ciò è assolutamente inaccettabile e va rispedito al mittente. I lavoratori del settore hanno diritto ad un contratto che tuteli le retribuzioni e la dignità del lavoro.
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