I dati Inail aggiornati fra il 31 ottobre e la fine di novembre: incremento del 56%. Quattro denunce su cinque dal personale della sanità e dell’assistenza socialeSi impenna la curva degli infortuni Covid nel Veneto tra il 31 ottobre e il 30 novembre scorso ed i sindacati temono che a dicembre il trend venga confermato ulteriormente.Secondo i dati forniti dall’Inail, l’incremento, in un solo mese, è stato del 56,3%. In numeri assoluti si tratta di ben 3.067 nuovi casi in soli 30 giorni portando così il numero complessivo degli infortuni Covid del Veneto dall’inizio dell’emergenza sanitaria a superare la soglia degli 8.500.E se i decessi nell’arco dell’ultimo mese sono rimasti invariati, l’incremento delle denunce ha visto incrementi a due cifre in quasi tutte le provincie venete con punte pari al + 82,9% a Rovigo e del 71,7% a Vicenza.
«Colpisce molto il fatto che proprio nel pieno della seconda ondata inizi a verificarsi una crescita così importante delle denunce di infortunio da Covid-19 da parte dei lavoratori veneti», spiega Tiziana Basso, membro della segreteria confederale della Cgil del Veneto. «In teoria, soprattutto nelle strutture sanitarie, i protocolli a tutela della salute dei dipendenti e del contenimento del virus dovrebbero essere consolidati; ma i dati dell’Inail e quelli relativi alla diffusione del virus sul territorio sembrano dire il contrario. In una situazione come questa non possiamo che aspettarci un dicembre che confermerà la drammatica impennata delle denunce di malattia professionale da Covid, sia perché il virus sembra diffondersi sempre più capillarmente, sia perché ci auguriamo che la scelta di denunciare l’infortunio si stia trasformando in una prassi da parte dei lavoratori».
Ed in effetti il riconoscimento della malattia professionale garantisce tutele importanti alle vittime, siano esse dipendenti del settore privato o di quello pubblico.
Tragico esempio è quello di Davide Frisoli, noto dirigente scolastico del Veneziano deceduto a causa del Sars-CoV-2 all’inizio di aprile dopo avere contratto il virus nell’esercizio delle sue funzioni già a marzo.«Il riconoscimento arrivato dall’Inail nei mesi scorsi», continua Basso, «potrà garantire alla sua famiglia una tutela, anche economica, che permetterà alla vedova e ai due figli di non dovere aggiungere al dolore della perdita la profonda inquietudine di un impoverimento improvviso e pesantissimo».
Ma l’intervento dell’Inail a proposito della malattia professionale da Covid è per lo più appannaggio delle categorie sanitarie. Quasi 4 denunce su 5 infatti (il 78,9%) riguarda il settore Sanità e assistenza sociale e poco meno di 3 su 4 (72,5% delle segnalazioni registrate) colpisce il lavoro femminile.
Per contro il manifatturiero incide su questi numeri solo per il 3,2%.In sostanza fatte 100 le denunce arrivate all’Inail dalla fine di febbraio al 30 novembre scorso, 35,5 riguardano tecnici della salute e principalmente gli infermieri, 26,8 interessa le professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali, il 9,4 le professioni del settore dei servizi alla persona e 7 i medici. Solo 1,4 invece le attività manifatturiere.
«Non si può non riconoscere l’ottimo lavoro fatto dai sindacati grazie all’attivazione dei protocolli di monitoraggio dell’emergenza sanitaria nelle fabbriche e presso i posti di lavoro», conclude Basso, «e tuttavia abbiamo l’impressione che i numeri siano viziati da una sottostima del fenomeno nel settore privato, causata un po’ dalla paura di ripercussioni da parte dei lavoratori, un po’ da una scarsa informazione riguardo alle possibilità di denuncia che invece ci sono e sono considerevoli».