La riforma delle Ipab ancora non c’è e la delibera di giunta annunciata dall’assessore Lanzarin per i primi di settembre sembra svanita dall’orizzonte.
Sono così ormai 20 gli anni di attesa di un provvedimento che il Veneto, unica regione assieme alla Sicilia, non ha ancora varato e di cui c’è invece un estremo bisogno. Lo sostengono Cgil Cisl Uil regionali che hanno organizzato per martedì 22 ottobre (ore 11) una grande e colorata manifestazione a Venezia davanti a Palazzo Balbi. Sono attese molte centinaia di persone da tutta la regione che porteranno i propri problemi e le proprie esperienze in relazione ad una situazione che si fa di anno in anno sempre più problematica.
“Il vuoto legislativo – denuncia il sindacato – sta provocando una strisciante privatizzazione, la riduzione dei posti disponibili, un abbassamento della qualità dei servizi, l’aumento delle rette ed un peggioramento delle condizioni di lavoro dei dipendenti”.
Sinceramente, aggiunge il sindacato, non si riescono a comprendere le ragioni che bloccano la riforma, oggetto negli anni di 13 progetti di legge, nessuno dei quali è andato in porto, e di un’ulteriore revisione annunciata dall’assessore nel luglio di quest’anno di cui non si hanno più notizie.
Così si rischia di veder passare anche questa legislatura senza il varo di un intervento organico e di prospettiva delle oltre 100 Ipab presenti in regione la cui funzione è sempre più importante a fronte del costante incremento della popolazione anziana non autosufficiente (arrivata a quota 200.000 nel Veneto) ed a fronte delle carenze del sistema socio sanitario nella cui filiera potrebbero proficuamente inserirsi le Ipab con prestazioni di assistenza domiciliare, medicina di gruppo e prime prestazioni mediche in sinergia con Ulss e Comuni.
Cgil, Cisl e Uil segnalano anche la disparità fiscale tra strutture pubbliche e private (tutta a svantaggio delle prime) che sta producendo trasformazioni degli enti in fondazioni o consistenti esternalizzazioni dei servizi. E portano in primo piano anche il problema delle rette a fronte dell’insufficienza delle impegnative di residenzialità (quota di retta sostenuta dalla Regione per le prestazioni sanitarie) da cui oggi è escluso circa il 25% degli utenti.
Infine, i problemi del personale, con scarsità di organici e applicazioni di contratti non appropriati o diversi da quello di riferimento.
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