Pubblicato il 18 febbraio 2018 da TIMER magazine
Manca davvero una manciata di giorni all’appuntamento elettorale del 4 marzo e non è semplice riassumere in uno spazio ragionevole i temi che, secondo la Cgil, dovrebbero essere al centro della prossima legislatura e costituire il cuore dell’azione di governo.
Il tema che consideriamo decisivo è una politica economica e industriale che punti al rilancio della nostra struttura produttiva, coniugando innovazione, redistribuzione e qualità del lavoro. Può apparire una richiesta rituale da parte del sindacato, ma non è così perché, nella nostra visione, implica un deciso cambiamento. È infatti necessario superare definitivamente un modello di competizione sui costi che per troppo tempo ha puntato sulla svalutazione competitiva del lavoro e su una sorta di delega in bianco al sistema delle imprese, rinunciando ad un ruolo pubblico di indirizzo e di rilancio dello sviluppo industriale e produttivo. Con risultati a dir poco insufficienti, soprattutto in relazione a qualità e quantità degli investimenti pubblici e privati, caduti ad un livello del tutto inadeguato per il secondo Paese manifatturiero d’Europa.
Bisogna guardare in faccia la realtà, a partire dalla condizione delle nuove generazioni costrette anche in Veneto a vivere condizioni di precarietà che spingono sempre più ragazze e ragazzi a cercare un lavoro dignitoso fuori dai nostri confini. Nel resto del Paese le cose vanno perfino peggio. Due numeri su tutti, uno locale uno nazionale, misurano questa situazione: gli 80.000 giovani veneti che sono costretti ad un part time involontario con un reddito medio di 8.000 euro l’anno; i “fast job” (contratti di pochi giorni rinnovati all’infinito) che sono passati in Italia da 3 a 4 milioni, per un reddito medio di 3.000 euro l’anno. Sono cifre che non consentono di sopravvivere e che, soprattutto, umiliano le grandi potenzialità di ragazzi che dovrebbero invece rappresentare la risorsa più importante delle nostre comunità.
Le proposte sulla flat tax vanno nella direzione opposta rispetto a quella appena indicata perché aumenterebbero in maniera ancora più rilevante, rispetto alla situazione attuale, le diseguaglianze e perché metterebbero in discussione un sistema di welfare già fortemente indebolito negli anni della crisi e oggi non più in grado di rispondere alle esigenze di larghissime fasce della popolazione che, anche nella nostra Regione, rinunciano perfino a curarsi.
È invece necessario un fisco progressivo che alleggerisca il carico su lavoro e investimenti produttivi e lo sposti decisamente su rendite patrimoniali e finanziarie. Accanto a ciò va condotta una lotta senza quartiere all’insostenibile evasione fiscale e contributiva che, oltretutto, alimenta un’economia sommersa sempre più terreno fertile per fenomeni di infiltrazione criminale che stanno crescendo e inquinando anche il tessuto produttivo veneto.
Per avviare una nuova fase gli ambiti su cui puntare sono noti: ricerca e sviluppo, filiera sociosanitaria, messa in sicurezza e rigenerazione urbana e territoriale, economia circolare, rilancio industriale a partire dalle aree di crisi complessa, come quella di Porto Marghera.
C’è una grande occasione per ripensare e ridefinire la nostra politica economica, ed è rappresentata dalla straordinaria accelerazione dell’innovazione tecnologica che sta investendo il nostro tempo. Definire questo fenomeno “Industria 4.0” è riduttivo perché coinvolge tutti i settori della nostra economia e della nostra vita sociale. Non si tratta di un processo neutro, ineluttabile, senza alternative. Anzi, è aperto a due possibili esiti: la riduzione del lavoro e l’aumento delle diseguaglianze, oppure la creazione di nuova occupazione qualificata, la liberazione del lavoro dalla fatica, una società più equa e sostenibile.
Per scongiurare il primo scenario e mettere la tecnologia al servizio delle persone, migliorando la vita di tutti, è fondamentale un governo politico e contrattuale delle innovazioni tecnologiche.
Per questo occorre, tra le altre cose, valorizzare ruolo e autonomia delle parti sociali, ponendo fine all’illusione della disintermediazione sociale o a quella di un interventismo legislativo che non può risolvere ogni problema.
Sotto questo aspetto diventa ancora più necessario dare attuazione all’art. 39 della Costituzione per rafforzare la contrattazione collettiva, misurando e certificando rappresentatività delle parti (sia sindacale che datoriale) come presupposto per riaffermare l’efficacia obbligatoria e generale dei contratti collettivi e contrastare il fenomeno di frammentazione e dumping contrattuale cresciuto in maniera rilevante in questi ultimi anni.
Infine, ma non in ordine di importanza, dobbiamo mettere in campo un piano straordinario per l’occupazione giovanile e femminile, a cominciare dallo sblocco delle assunzioni nelle Pubbliche amministrazioni a tutti i livelli: bisogna svecchiare l’apparato pubblico e far entrare giovani a sostegno di un processo di investimento e di vera modernizzazione dei servizi pubblici.
Anche la partita previdenziale dovrà necessariamente essere riaperta: l’attuale sistema è oggettivamente iniquo e insostenibile e lo è – anche in questo caso – in primo luogo per le giovani generazioni e per le donne. Ricostruire una prospettiva previdenziale innanzitutto per loro e creare lavoro libero, dignitoso e di qualità rappresentano le due grandi priorità per lasciarci definitivamente alle spalle una delle peggiori crisi della nostra storia e tornare a guardare con fiducia e speranza a un futuro di sviluppo e di giustizia sociale.
Christian Ferrari, Segretario generale Cgil Veneto