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MARITTIMI: FINALMENTE IL CONTRATTO UNICO AL POSTO DEI 13 PRECEDENTI

Rinnovato, a quattro anni e mezzo dalla scadenza, il contratto del trasporto marittimo che raccoglie in una parte comune i 13 precedenti contratti, raggiungendo l’obiettivo di ricondurre i 64.000 addetti un unico contratto nazionale. A siglarlo, i sindacati di categoria, Filt Cgil, Fit Cisl e Uil trasporti Uil, con  Confitarma (armatori privati), Fedarlinea (compagnie dei traghetti di linea) e le due federazioni dei rimorchiatori (Assorimorchiatori e Federimorchiatori).

Il contratto unifica finalmente il mondo del lavoro e delle imprese, pur mantenendo parti specifiche, e prevede un aumento del 5,7% sulla paga base, corrispondenti a circa 80 euro sul minimo tabellare con un trascinamento in positivo anche sugli altri istituti economici.

Dal punto di vista normativo, “l’accordo risponde alla domanda di semplificazione e razionalizzazione in un panorama contrattuale nazionale altamente frastagliato – sostengono le organizzazioni sindacali – e getta le basi per un’ulteriore garanzia di stabilità sulle varie forme di precarietà esistenti nel mondo marittimo, a partire dalla nuova disciplina relativa all’ingresso nelle imprese degli allievi ufficiali italiani che permette a migliaia di giovani di essere avviati a un percorso di stabilizzazione.

Inoltre vengono normate le condizioni di tutti i marittimi, sia italiani che extracomunitari, che operano sulle navi del registro italiano”.

Sul piano economico si superano i dati relativi all’indice Ipca. “Abbiamo cercato e raggiunto un congruo recupero salariale – osservano le organizzazioni sindacali – cercando di tutelare le figure più basse con un’una tantum per tutti, non riparametrata, di 500 euro, oltre agli aumenti, che arrivano fino a 150 euro ai livelli più alti. Ciò rappresenta una risposta positiva in un periodo di crisi economica del settore che soffre per la contrazione dei mercati, sempre fluttuanti e altalenanti anche per effetto della situazione geopolitica nel Mediterraneo. Con un’adeguata politica di sostegno, l’ armamento italiano potrebbe essere un settore trainante per la nostra economia, ma da troppi anni si va avanti – denunciano i sindacati – nel disinteresse dei governi”.

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