CGIL VENETO
Confederazione Generale Italiana del lavoro Veneto

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BOOM DI ITALIANI ALL’ESTERO. VENETO SECONDA REGIONE

(ANSA) – Sono 107.529 i connazionali espatriati nel 2015. Rispetto all’anno precedente a iscriversi all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) sono state 6.232 persone in più, per un incremento del 6,2%. Hanno fatto le valige soprattutto i giovani tra i 18 e i 34 anni (39.410, il 36,7%); la meta preferita è stata la Germania (16.568), mentre Lombardia (20.088) e Veneto (10.374) sono le principali regioni di emigrazione. Lo rileva il rapporto “Italiani nel mondo 2016” presentato oggi a Roma dalla Fondazione Migrantes. “I giovani devono poter tornare“, è il monito del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Nel 2015 le iscrizioni all’Aire sono state in tutto 189.699. Più della metà, 107.529, per espatrio. Il 69,2% di coloro che hanno fatto le valige (quasi 75 mila persone) si è trasferito in Europa.
In calo le partenze per l’America meridionale (-14,9% in un anno), mentre rimangono stabili quelle per l’America centro-settentrionale; 352 connazionali hanno scelto le altre aree continentali. I maschi espatriati sono oltre 60 mila (56,1%), i celibi e le nubili il 60,2%. La fascia 18-34 anni, quella dei Millennianls, è la più rappresentativa (36,7%).
I giovani hanno una mobilità “in itinere”, che – osserva il rapporto – “può modificarsi continuamente perché non si basa su un progetto migratorio già determinato ma su continue e sempre nuove opportunità incontrate”. Seguono i 35-49enni (25,8%). I minori sono il 20,7% (di cui 13.807 mila hanno meno di 10 anni) mentre il 6,2% ha più di 65 anni (di questi 637 hanno più di 85 anni e 1.999 sono tra i 75 e gli 84 anni). Tutte le classi di età hanno registrato un aumento delle partenze rispetto al 2014 tranne gli over 65 anni (da 7.205 a 6.572). “Pur restando indiscutibilmente primaria l’origine meridionale dei flussi – si legge nel rapporto – si sta progressivamente assistendo a un abbassamento dei valori percentuali del Sud a favore di quelli del Nord del Paese”.
La Lombardia, con 20.088 partenze, è la prima regione in valore assoluto per partenze, seguita dal Veneto (10.374) che fa scendere la Sicilia (9.823) alla terza posizione (era seconda nel 2014). Al quarto posto il Lazio (8.436) e ancora Piemonte (8.199) ed Emilia Romagna (7.644). Nel 2015 la Germania (16.568) è la meta preferita dagli italiani andati oltreconfine, a seguire, con una minima differenza, il Regno Unito (16.503) e poi, più distaccate, la Svizzera (11.441) e la Francia (10.728).

A FRONTE DI QUESTI DATI, LA CGIL REGIONALE, PER BOCCA DELLA SEGRETARIA GENERALE, ELENA DI GREGORIO, SOLLECITA UNA RIFLESSIONE SU QUALITÀ DEL LAVORO E MODELLO DI SVILUPPO. QUESTO IL SUO COMMENTO:

“Il rapporto della Fondazione Migrantes che indica nel Veneto la seconda regione italiana per emigrazione dei propri cittadini, soprattutto giovani, verso altri paesi deve obbligare ad una riflessione sulle prospettive di un territorio che, per altro, si presenta in una condizione di calo demografico e di progressivo invecchiamento.
La fuoriuscita dalla regione di forze giovani e qualificate rappresenta in tale contesto un impoverimento del tessuto sociale che deve preoccupare, anche perché non vi è un’attrattività ed un contemporaneo afflusso di “cervelli” a compensazione degli abbandoni.
Bisogna dunque agire sulle cause, a partire dalla qualità del lavoro, ancora troppo connotato da condizioni di precarietà e scarsa appetibilità per tanti giovani veneti.

Come Cgil siamo impegnati in una campagna a sostegno di una proposta di legge (accompagnata da 3 referendum) volta a rafforzare i diritti del lavoro e contrastare le forme di sfruttamento che passano per le situazioni più precarie e meno tutelate.
Siamo altresì convinti che una svolta nel modello di sviluppo, puntando maggiormente su ricerca ed innovazione, ed un nuovo impulso all’occupazione, a partire dalle proposte per un Piano del Lavoro lanciate dalla Cgil, possano rappresentare i semi fertili per quell’inversione di tendenza necessaria per contrastare il rischio dell’impoverimento sociale ed economico”.

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